martedì 21 novembre 2017

Manager che pensano come Toyota

(Fonte: "L'Impresa")

Il Toyota Production System è noto, insieme ai processi lean per ridurre gli sprechi e i costi di
produzione e di organizzazione, applicati più o meno estesamente e profondamente in molte aziende
occidentali negli ultimi trent’anni.
Ma quello che secondo Jeffrey K. Liker e Michael Hoseus si è perso per strada, e che forse non è mai
stato davvero assorbito dalle aziende occidentali, è l’aspetto di cambiamento culturale delle persone e dei manager, che rappresenta il cuore del “Toyota System 2001”. Un metodo, la cui codificazione ebbe una gestazione di oltre dieci anni e che si rese necessaria quando venne esportato nelle fabbriche acquisite da Toyota negli Stati Uniti, sistema datato proprio per esprimere il concetto di
organizzazione che continua ad apprendere (“Learning Organization”).
 

I due autori nel 2008 pubblicano Toyota Culture. The Heart and Soul of the Toyota Way (...) proprio per approfondire la cultura organizzativa sottesa al sistema di produzione Toyota, su cui si basa il successo continuo e durevole dell’industria automobilistica giapponese: il miglioramento continuo e il rispetto delle persone, attraverso la fiducia e il lavoro di gruppo. Nel
libro i due esperti introducono il concetto di “Flusso di valore delle persone” accanto al più noto “Flusso di valore del prodotto”, perché sono impensabili prodotti o servizi di qualità nel tempo, senza persone di qualità che pratichino il miglioramento continuo come atteggiamento quotidiano.
 

L’occasione perduta dagli Usa
 
Secondo gli autori le aziende automobilistiche americane hanno perso una grande occasione, perché all’inizio degli anni Ottanta avevano avviato anche una trasformazione culturale e non solo di processo, vedendo quelle autovetture – di qualità con poca necessità di manutenzione – incontrare il favore del pubblico.
Da lì, guardando come faceva Toyota, fecero tentativi di gestione del personale più partecipativa e meno basata sul comando-controllo, Ford con l’“Employee Involvement”, General Motors con il “Quality of work life” e Chrysler, prima dell’acquisizione da parte di Daimler, con i gruppi
interfunzionali, la collaborazione dei fornitori e la partecipazione degli operatori, che avevano portato a livelli alti di innovazione e, al tempo stesso, di riduzione dei costi. Ma questi tentativi di trasformazione culturale vennero spazzati via dalle successive operazioni di acquisizioni e fusioni con obiettivi di business di breve termine, che alla fine degli anni ’90 travolsero i mercati e i dipendenti stessi. 


Come cambiare stile di leadership 

 
Gli autori riportano numerosi casi di aziende che avranno anche avuto e continueranno ad avere momenti di successo grazie all’attuazione di metodologie lean, come il Lean Six Sigma, ma con il rischio che restino limitate a episodi e a specifici progetti, anziché venire interiorizzate come stile di leadership e di management, basato sulla cultura del miglioramento continuo affidato alle persone nel loro lavoro quotidiano.
Cambiare una cultura non è facile. Questa si basa su credenze, valori e solo come parte visibile su norme, comportamenti e prodotti. La cultura si cambia attraverso l’esempio e la presenza in prima linea, laddove si chieda di attivare un cambiamento 


(...) 

In Toyota parlano di dieci anni per formare un manager con mentalità Toyota e serve un accompagnamento molto accurato fin dal primo inserimento in azienda dei neoassunti. È un momento magico, raccontano, quello di trasferire le pratiche giuste fin dall’inizio, il perché di quello che fanno, i valori e i comportamenti corrispondenti che si aspettano da loro e su cui verranno
allenati tutti i giorni. Anche chi entra per brevi periodi viene preparato per una settimana prima di essere inserito sulla linea.

Come si fa ad avere persone di qualità, sempre ingaggiate nel miglioramento continuo? La chiave sta nel creare le giuste condizioni perché le persone si sentano ingaggiate nell’azione di miglioramento continuo, che altro non è che un’azione sistematica di problem solving. Per farlo è necessario mobilitare il cuore e la mente delle persone, attraverso un’azione coerente e credibile, e una forte attenzione ai dettagli. Perché è dalla cura dei dettagli che le persone comprendono se c’è
vero commitment. Il coinvolgimento nel problem solving ha un impatto positivo sia sulla qualità del prodotto, sia sulla qualità delle persone. Proprio per questo in Toyota è curato e istituzionalizzato come pratica di gruppo, che si attiva ogni qualvolta insorga un problema sulla linea, o in un ufficio. L’approccio Toyota è quello di far emergere i problemi per affrontarli, risolverli insieme e creare uno standard più alto di qualità. Ad esempio, al servizio clienti non si deve sperare nel buon cuore e gentilezza del singolo operatore, perché c’è una qualità standardizzata, patrimonio di saperi e best practice e, ogni volta che c’è una difficoltà nel servizio, la si affronta tra colleghi per innalzare ancora di più lo standard, che corrisponde al principio 6 del Toyota Way: Le mansioni standardizzate sono la base del miglioramento continuo e dell’autonomia dei dipendenti.
Interessante il concetto di autonomia associato allo standard. (...) In Toyota il lavoro standardizzato
rappresenta uno dei pilastri fondamentali. Tuttavia, vi è un aspetto psicologico importante: gli standard vengono sempre creati dalle persone che dovranno poi applicarli.
Solo in questo modo si pongono le condizioni per una reale comprensione e applicazione. Inoltre, tra
realtà analoghe, gli standard creati in un’area vengono “proposti” a un’altra area e mai “imposti”. In questo modo si trova in modo semplice, ma efficace, il giusto equilibrio tra autonomia e standardizzazione.
In produzione c’è un cavo che pende sopra la postazione di ciascun operatore (detto “Adon”), che
questi tira se commette un errore o se succede qualcosa di anomalo. In tal caso parte una musica e il team leader arriva prontamente, verificano insieme se il problema sia facilmente risolvibile, altrimenti si ferma l’intera linea finché non si trova una soluzione efficace collegialmente. Il quinto
principio del Toyota Way, infatti, intende costruire una cultura che si ferma per risolvere i problemi, per ottenere la qualità al primo tentativo, e il principio 13 dice che le decisioni si prendono lentamente e per consenso, considerando attentamente tutte le opzioni. Poi le decisioni prese si implementano rapidamente. 


C’è uno spostamento dal sistema di ricompensa-punizione all’osservazione della deviazione dallo standard per risolverla. L’operatore Toyota non ha paura di ammettere l’errore, anzi è abituato a richiamare l’attenzione su quello che non va, chiede al responsabile di venire a vedere, comportamento che presuppone l’altro importante principio, il 12, “Andare a vedere con i propri occhi per capire a fondo la situazione”. Sostenere che il difetto o lo scarto siano fisiologici,
invece, è come dichiarare la morte dell’eccellenza. Ovviamente, questo modo di gestire l’operatività è anche una conseguenza del primo principio della cultura Toyota: “Basare le decisioni di management su una filosofia di lungo periodo, anche a scapito degli obiettivi prefissati di breve periodo”. Fermare una linea per risolvere una difettosità, anziché andare dritti all’obiettivo numerico della giornata, ne è un chiaro esempio. Prevale la qualità e la qualità del processo
rispetto al risultato a tutti i costi. E poi, alla fine, curando il processo si cura anche la qualità del risultato e la sua sostenibilità nel tempo.
 

Si dà più valore alla forza del gruppo che non al singolo. La forza generativa del gruppo è
superiore alla somma dei singoli individui. E fa parte dell’atteggiamento di non colpevolizzare il singolo, di dargli fiducia, casomai il responsabile di quanto accaduto è il manager! Non si viene assunti come dipendenti, ma come “team member”.
Ogni aspetto è curato per esprimere coerenza tra valori e comportamenti e anche sul piano dei premi, per fare un altro esempio, questi vanno ai risultati del gruppo, non a quelli del singolo. E sono comunque piccole incentivazioni, perché l’ingaggio avviene ad altri livelli, ognuno è parte attiva e integrante del sistema. Nelle fabbriche Toyota ci si congratula con il collega che commette l’errore e
chiede aiuto, perché è l’occasione per fare tutti un passo avanti e alzare lo standard verso l’eccellenza. 


Dare fiducia e far sentire alle persone che si prendono in considerazione le loro idee sono leve motivazionali molto forti. Ma, ovviamente, ci vogliono a loro volta leader eccellenti, e questo è il principio 9: “Far crescere leader che comprendano appieno il lavoro, vivano la filosofia e la insegnino agli altri”. Ad ogni modo, non c’è bisogno di essere giapponesi per capire l’importanza di
dare un feedback ai propri collaboratori quando li si coinvolge in progetti di sviluppo e innovazione, chiedendo il loro parere o dei suggerimenti.
Non è solo educazione, ma fa parte di quel sentirsi considerati e non solo impiegati.


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