martedì 20 febbraio 2018

Il lavoro? Chiedi ad amici e parenti

(Fonte: "La Stampa")

Ma perché, quando cercano un lavoro, gli italiani pensano quasi solo all’aiuto di amici, parenti  e  conoscenti?  Una  studiosa americana,  Dorothy  Louise Zinn, qualche anno fa provò a studiare il fenomeno e ne uscì il più eloquente  testo  sulla  funzione  della  raccomandazione, come  tratto  genetico  e  antropologico in particolare nel nostro sud. Da tempo le statistiche ci raccontano che il modello familista e clientelare viene usato a man bassa e resta il primo canale di ricerca del lavoro.
La propensione alle raccomandazioni  e  alle  spintarelle  non deve però essere un alibi: se gli
italiani preferiscono le reti personali,  forse  dipende  anche dalla debolezza delle altre reti, in particolare quella dei centri per  l’impiego  e  delle  agenzie del lavoro private. Sarà ancora un problema di culture profonde, ma intanto agenzie e centri pubblici  cambiano  strategia, aumentando qualità ed efficacia  dei  loro  servizi.  Intanto  le statistiche  battono  il  ritmo: l’82% degli italiani cerca un impiego  rivolgendosi  ad  amici  e parenti. Sono dati Eurostat al terzo trimestre 2017: la percentuale è in leggero calo, ma era al 74% nel 2007, prima della crisi. Il ricorso alla rete personale e  amicale  nel  nostro  paese  è  peggiore rispetto agli altri paesi Ue, dove la media è al 68,0%. In Italia appena il 25% di chi cerca lavoro bussa a un ufficio pubblico.  È  il  dato  peggiore
della  Ue  e  siamo  lontani  da Germania  (73,4%),  Francia (55,7%) e Regno Unito (33,9%).
Ancora  più  basso  il  ricorso  al privato: solo il 14,4% di chi cerca lavoro dichiara di rivolgersi
alle agenzie del lavoro a fronte di  Francia  (32,9%)  e  Regno Unito (21%). Che fare? Le agenzie e i centri pubblici cercano di porre rimedio e si preparano a sfoderare nuove idee e strumenti per il 2018. «Ogni mese sono in media più di 400mila i lavoratori  occupati  tramite  le agenzie  del  lavoro  e  circa 40mila  hanno  un  contratto  a tempo  indeterminato  -  spiega Alessandro  Ramazza,  presidente  Assolavoro  -  Occorre  proseguire,  valorizzando  la funzione degli attori specializzati nell’incontro domanda-offerta  di  lavoro  e  completando  poi  una  rivoluzione  culturale verso la meritocrazia. Dove sono più presenti le agenzie sono migliori  gli  indicatori  sia  economici sia sociali (minor diffusione di lavoro nero o sotto-tutelato)». «Sappiamo che persone e opinione pubblica non riescono  ancora  a  vedere  nelle agenzie delle alleate in grado di creare un ponte rapido con le imprese - rincara Rosario Rasizza,  presidente  Assosomm  - Eppure i nostri dati sono in aumento  e  siamo  convinti  che  il nostro  ruolo  economico  e  sociale  crescerà  in  modo  esponenziale.  Mettiamo  in  gioco  i nostri strumenti e le filiali radicate  nel  territorio.  Dobbiamo
poi far conoscere un aspetto distintivo  rispetto  ai  centri  per l’impiego: la nostra capacità di
offrire formazione di qualità e gratuita». «Il sistema dei centri  per  l’impiego  necessita  di
maggiori investimenti - conclude  Maurizio  Del  Conte,  presidente Anpal - ma è indispensabile un coordinamento a livello nazionale,  per  favorire  economie  di  scala  e  maggiore  efficienza.  Siamo  chiamati  a  garantire pari opportunità a tutti i cittadini e su tutto il territorio nazionale. Per questo i servizi al lavoro, declinati a livello regionale, devono avere un punto di raccordo che li metta a sistema.  Senza  mai  dimenticare che al centro delle politiche attive del lavoro c’è la persona».


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