venerdì 9 febbraio 2018

Lo smart working decolla nelle grandi imprese del Nord “Lavoratori soddisfatti” (4)

(Fonte: "Affari&Finanza")

“Serve fiducia, è la base del sistema” il lavoro flessibile visto dai manager 

Si sente parlare sempre più spesso  di  smart  working ma non sempre è ben chiaro che cosa si intenda con questo termine. OD&M Consulting, società di Gi  Group  specializzata  in  HR
Consulting, ha provato a fare un po’ di chiarezza in questo campo, coinvolgendo in un sondaggio online responsabili delle risorse umane e imprenditori di diverse aziende e arrivando alla conclusione  che  lo  Smart  working viene considerato soprattutto un nuovo  approccio  organizzativo basato sull’organizzazione e gestione flessibile delle attività di lavoro rispetto a tempi, spazi, ambienti e strumenti, piuttosto che come una semplice modalità di lavoro,  come  previsto  dal  Jobs Act per gli autonomi, la normativa  che  regola  il  “Lavoro  Agile” (L.81/2017, artt. 18-24).
«Negli ultimi cinque anni l’attenzione  posta  allo Smart working sta crescendo notevolmente anche in Italia — spiega Rossella Riccò, responsabile area Studi e ricerche di OD&M Consulting —
L’interesse di istituzioni e aziende al tema tende a concentrarsi sull’aspetto tecnologico che rende possibile passare da forme di lavoro tradizionale a forme di lavoro agile e sull’aspetto normativo che definisce il framework entro il quale poter agire, ma spesso non viene fatta chiarezza rispetto al significato attribuito al concetto  di  Smart  Working,  ai  motivi che possono spingere le aziende a ricorrervi, ai benefici e alle criticità che possono essere collegati alla sua adozione».
Per ben il 75% degli intervistati,  infatti,  quando  si  parla  di Smart  working  ci  si  riferisce  a
“una organizzazione e gestione delle attività del lavoro rispetto a tempi, spazi, ambienti e strumenti”; per un altro 9,5% si tratta della “possibilità di lavorare anche fuori dell’azienda in luoghi scelti a discrezione del lavoratore”. L’8,3% ha risposto che è una “modalità di lavoro con tecnologie avanzate che permettono la connessione da remoto”, il 6% che è una “modalità di lavoro con orari flessibili che possono essere gestiti in  autonomia  dai  lavoratori”, mentre per il restante 1,2% è una “modalità di lavoro da casa”.
Dall’indagine  condotta  da OD&M  Consulting  emerge  che questo nuovo modello organizzativo, direttamente collegato al tema della Flessibilità, ma anche a quello della responsabilità e autonomia,  viene  adottato  dalle aziende innanzitutto per migliorare  il  Work-Life  Balance  delle
proprie persone (48,8%), poi per migliorare l’efficienza organizzativa (19%, incrementando la produttività individuale 10,7% e riducendo i costi 8,3%), per attrarre, motivare e trattenere le persone in azienda (17,9%), cambiare cultura manageriale (11,9%) e solo in  misura  residuale  per  Csr (2,4%).
Secondo gli intervistati, i principali benefici dello Smart working si concretizzano in un aumento  della  motivazione  delle persone,  in  un  miglioramento del  loro  work-life  balance  e  in una maggiore focalizzazione sugli  obiettivi/risultati  piuttosto che sulla presenza in ufficio, tutte risposte indicate da più di un manager su due. Il Lavoro agile porta però miglioramenti anche sul fronte dell’aumento della produttività, della “promozione della cultura della fiducia”, oltre a ridurre gli spostamenti dei lavoratori che sono così meno soggetti a stress. L’indagine indica poi alcuni  benefici  “secondari”,  che non sono però assolutamente da sottovalutare: lo Smart working
sviluppa l’autonomia lavorativa, fa aumentare il benessere delle persone e riduce i costi connessi
agli spazi lavorativi. Esso riduce inoltre l’assenteismo, aiuta ad attrarre le persone più preparate e,
più in  generale,  aumenta l’efficienza aziendale.
«Per diventare agili, gli elementi fondamentali su cui le aziende sono  chiamate  a  concentrare  i
propri sforzi sono cultura, mindset e organizzazione del lavoro —  afferma  Riccò  —  Solo  dopo
aver agito su questi elementi profondi che definiscono il “cosa deve cambiare in azienda” entrano
in gioco gli interventi strumentali su tecnologia, policy organizzative e gestione degli spazi aziendali che sono gli elementi più visibili e maggiormente dibattuti dello Smart working».
La principale criticità connessa  allo  Smart  working  sembra consistere nel realizzare il cambiamento culturale  per passare da un orientamento al comando, controllo  e  “presenzialismo”  a un orientamento su risultati (risposta indicata dal 64,3% degli intervistati). Non è però questa l’unica difficoltà: bisogna infatti anche “realizzare un cambiamento organizzativo” (48,8%), fare i conti con una “riduzione della sinergia fra colleghi” (46,4%), assicurare “la sicurezza dei dati sensibili e della  privacy”  (42,9%)  e  quella “dei lavoratori fuori dagli ambienti di lavoro”.
«Dallo studio emergono dieci elementi chiave attraverso i quali è possibile definire lo Smart working — conclude Riccò — Autonomia e responsabilità, spostamento del focus dalla presenza ai risultati, diffusione della cultura della fiducia, adozione di una leadership partecipativa, attitudine
all’utilizzo  di  strumenti  digitali, definizione dei Kpi dei risultati ottenuti  attraverso  lo Smart  working, capacità di prestare attenzione a privacy e sicurezza dati, condivisione dei valori e predisposizione  al  cambiamento  e all’adattamento veloce».


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