lunedì 30 ottobre 2017

Come dovranno cambiare le aziende

(Fonte: "L'Impresa")

Qual è, com’è fatta “l’azienda dei sogni”? È quella che paga di più, quella che offre più
strumenti di welfare, o ancora quella che favorisce un clima collaborativo? Forse tutte queste cose
insieme, verrebbe da dire. Ciò che è certo è che se si interrogano sul tema i referenti Hr, si scopre che hanno le idee chiare su quali siano le caratteristiche per definire l’azienda migliore, quali i valori alla base di tale scelta e le azioni necessarie per superare il gap tra la realtà e l’azienda dei sogni.
 

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Un’indagine su un campione di 241 referenti Hr (tra cui 90 quadri e dirigenti) ha cercato di capire quali fossero gli elementi che contraddistinguono l’azienda dei sogni.
Ne è emerso un quadro composito e interessante, a partire da un dato: per il 70% dei quadri e dirigenti intervistati (e per il 74% del totale dei referenti Hr), quella in cui lavorano non è affatto l’azienda dei sogni.


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Priorità: sviluppare il talento
Tra le caratteristiche fondamentali dell’azienda dei sogni, al primo posto c’è la possibilità di esprimere il proprio talento.
Ha risposto così il 35% dei dirigenti, il 27% nel caso del referenti Hr. Il messaggio è chiaro e
cioè che tra le prime necessità oggi c’è quella di poter sviluppare il proprio talento e vedersi valorizzati per quello che si è, un aspetto che è arrivato a contare più delle prospettive di carriera. E infatti se combiniamo questa prima risposta con quella classificata al quarto posto (“possibilità di crescita e di carriera”, 10% degli intervistati) si delinea un cambio di passo netto rispetto al passato.
E, infatti, se si guarda la risposta alla domanda “Qual è il punto debole della sua azienda?”, al primo posto ci sono proprio le carriere bloccate e il poco spazio alla crescita personale (27% per quadri e dirigenti e 31% per referenti Hr). 


Il quando che emerge è chiaro: c’è una comune sensazione di blocco, di impossibilità di essere professionalmente se stessi, i manager insomma si vedono tarpare le ali. E le vedono tarpare anche ad altre figure dentro l’impresa, tant’è che anche i referenti Hr confermano il problema.
Per costruire un’azienda dei sogni, in poche parole, più che mettere acceleratori basterebbe togliere freni. Di questo dato, tuttavia, esistono letture differenti. 


Troppo controllo, poco sviluppo
 

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Quando un manager viene chiamato da un’azienda, si definiscono ruolo e contratto ma, poi, nella quotidianità le cose vanno diversamente: il dirigente si scontra con l’azione invasiva dell’imprenditore e della famiglia proprietaria, ritrovandosi con uno spazio di manovra molto limitato sulla direzione generale, sugli obiettivi e le scelte strategiche. Questa è la prima vera
fonte di insoddisfazione.
D’altronde non è un mistero che in ampi strati del tessuto imprenditoriale italiano la sensibilità sul tema dell’espressione del talento sia ancora scarsa.
 

A volte l’attenzione degli Hr è rivolta alla conoscenza delle persone nel contesto imprenditoriale in cui si trova l’impresa, proprio per fattori relazionali o di amicizia, e solo raramente ai fattori di crescita e alle competenze in modo che si determini un preciso piano di sviluppo.
 

Perché investire in un clima positivo
Nell’azienda dei sogni non poteva mancare un clima aperto e collaborativo, caratteristica individuata dal 20% di quadri e dirigenti e chi si è piazzata al secondo posto delle risposte più accreditate. È noto che valorizzare la positività in termini di qualità della vita interna, e quindi di
clima, in azienda, è un fondamentale parametro di una cultura molto radicata in Europa, ma che in Italia fa fatica ad affermarsi.
 

In Italia c’è un ritardo su questo importante tema: per motivare i dipendenti, oltre a valorizzare la carriera i vertici valorizzano l’appartenere a una grande azienda, meritocratica e capace di dare
tranquillità. È su questo che si orienta il mercato. Avere un clima positivo in azienda costa molto, e si tratta di investimenti con cui il ritorno non è assicurato, né scontato sul breve periodo. In questo
aspetto, se si analizza cosa vogliono fare le imprese per essere l’azienda dei sogni, è da notare che i referenti Hr tendono a essere magnanimi nella valutazione. Ritengono infatti di promuovere un clima
di positività tra i dipendenti, prevalentemente attraverso tre azioni: “favorisco la valorizzazione delle competenze e dell’impegno dei collaboratori” (44%), “condivido best practice per stimolare
crescita e miglioramento nei collaboratori” (28%), “organizzo momenti di condivisione e ascolto (es. incontri, workshop, coaching…)” (20%).
Dichiarazioni che si scontrano con il malcontento di quadri e dirigenti rispetto alla possibilità di sviluppare il proprio talento. 


Smart working poco conosciuto
L’azienda dei sogni, rivela il sondaggio è anche quella che favorisce la flessibilità di orari e luoghi di lavoro (12%). E quindi lo smart working, prima di tutto, che per il 62% degli intervistati
manca nella propria impresa. Ed è curioso notare come alla domanda “i tuoi dipendenti apprezzerebbero il regime di smart working?”, il 27% risponde “non so”. È il segno di una scarsa conoscenza dell’argomento, ma anche di un certo livello di sfiducia da parte di molte società.
Eppure sono tanti, tra i dipendenti, a pensare che lo smart working possa favorire la qualità della vita senza compromettere quantità e qualità del lavoro.
 

Il problema è che tutti parlano dello smart working ma in pochi sanno davvero come funziona
e sono attrezzati per farlo. Non è adatto a tutti i ruoli, come ad esempio il front office, e non è nemmeno un semplice lavoro da casa, come a volte si crede. Ha delle sue logiche e ha bisogno di regole, tali da dare garanzie sia alle imprese, preoccupate per la mancanza di controllo diretto del
lavoratore; sia ai sindacati, che temono un boom di straordinari non pagati.
 

Il welfare piace a tutti
E non sarebbe un’azienda dei sogni, se non ci fosse il welfare aziendale, che per il 60% dei quadri e dei dirigenti porta vantaggi concreti in termini di fidelizzazione. Secondo loro, le azioni più apprezzate dai collaboratori sono sicuramente i benefit per la famiglia (43%), seguiti dai
benefit medici (27%), benefit ricreativi come viaggi e biglietti degli spettacoli (22%). Risultati assai simili alle azioni che gli stessi quadri e dirigenti indicano come utili per loro stessi: benefit per
famiglia (46%), benefit medici (30%) e benefit ricreativi (20%).
 

La vera sfida è culturale
Tutti ingredienti che però non bastano, secondo la maggior parte degli intervistati, a far decollare un’azienda se manca quel motore che è la possibilità di esprimere il proprio talento, di dare
all’azienda il massimo secondo ciò che si è e nel modo in cui lo si fa. L’azienda dei sogni deve avere «gli obiettivi chiaramente definiti e stigmatizzati da subito che non siano solo numerici, ma legati anche alla crescita personale e professionale, ed è questo il vero obiettivo del manager nella
creazione dell’azienda dei sogni. La sfida è fare in modo che soci, imprenditori e manager comincino a pensare in termini di creazione del valore aziendale, e quindi non sul breve periodo ma sul medio e
lungo periodo.


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