giovedì 14 dicembre 2017

Se non è autoritario non è un leader?

Non sono molto d'accordo sul fatto che l'atteggiamento manageriale descritto nelle righe che seguono sia tipico solamente delle donne ma ho voluto comunque proporvi questo articolo perché credo sia importante riflettere sul fatto che si possono guidare le persone in modi diversi e che non ce n'è per forza uno "giusto" e uno "sbagliato".

(Fonte: "L'Impresa")

Scegliere e decidere tenendo conto della situazione delle persone e del loro punto di vista, è un sistema più faticoso ma più incisivo. I cambiamenti cominciano da questo: in luoghi dove di solito i rapporti sono strumentali e competitivi, si cerca di dare valore alle relazioni con le persone. L'attenzione è rivolta alla loro soggettività. 

Lavorare meglio è sempre un guadagno, per sé e per l'umanizzazione del lavoro. (...)

Ma cosa succede quando le persone con cui si lavora sono "problematiche"?
Va detto che nel rapporto capo-collaboratori ci sono anche tensioni a volte inevitabili. Le persone che lavorano - come del resto i capi - non sono tutte uguali. Non basta che chi ha un ruolo di responsabilità abbia buone politiche e buoni metodi perché vengano riconosciuti e apprezzati dai collaboratori. E anche, ovviamente, non tutte le persone lavorano bene. Quando si verificano queste situazioni, non è facile affrontarle senza ricorrere a soluzioni drastiche e autoritarie. (...)

Le donne, però, spesso si comportano diversamente dagli uomini rispetto a scelte sgradevoli riguardanti qualche collaboratore. Se una persona non è adeguata, se occorre toglierla da quella posizione, gli uomini più spesso evitano di affrontare il problema direttamente, delegano a qualcun altro, o comunicano sbrigativamente la decisione, che così appare punitiva. Le donne, invece, tendono a parlare apertamente con la persona della valutazione critica che la riguarda. E lo fanno in un modo costruttivo, perché non perda la fiducia nelle proprie capacità. Risolvono il problema magari spostandola ad attività più adatte alle sue caratteristiche, facendola sentire in grardo di fare bene in un altro ruolo. Non sono orientate a punire, ma a dare a quella persona un'altra possibilità di lavorare meglio. Casi problematici ci sono sempre: normale fisiologia organizzativa. Ma nella ricerca di una soluzione, queste manager sono guidate dalla consapevolezza che, comunque, si ha davanti una persona.

(...)

C'è anche uan situazione ricorrente più complicata. I comportamenti di queste donne costituiscono uno scostamento evidente dalla mentalità di potere con cui si agisce di solito nei rapporti gerarchici. Una mentalità non solo di chi sta al vertice o dei pari grado, ma spesso condivisa dai collaboratori. Alcuni dei quali vedono il mancato ricorso all'autoritarismo come debolezza di quella manager e ne approfittano per comportamenti scorretti rispetto ai loro compiti (lavorare poco, lavorare male) e anche per manifestazioni di aggressività verso la responsabile. Nessuna di queste manager si illude che il codice diverso con cui agisce sia condiviso da chi le sta intorno solo perché crea condizioni migliori anche per loro. Ma, certo, questi tentativi di abusare degli spazi offerti fanno rabbia e fanno male. Perché sono insensati. Perché i comportamenti scorretti danneggiano l'attività di tutti. E, soprattutto, rischiano di vanificare il cambiamento attuato da quelle manager nel modo di essere capo. Espondendole anche a valutazioni negative da parte dei vertici. (...) Il rispetto delle persone, anche quando sono problematiche, anche quando loro non ti rispettano, resta l'unica via. Perché non si possono avere due misure, anche se sarebbe più facile.

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