giovedì 7 dicembre 2017

Troppi incompetenti digitali

(Fonte: "Corriere della Sera Economia")

In tempi di quarta rivoluzione industriale, l’aggiornamento delle competenze professionali ricopre
un ruolo chiave per garantire lo sviluppo delle economie nazionali. È per questo motivo che, nel 2016, la Commissione europea (Ce) ha pubblicato due documenti ufficiali: l’«Agenda europea per le competenze» e la comunicazione sulla «Digitalizzazione dell’industria europea».
Rappresentano una bussola molto utile sul tema per governi, parti sociali e stakeholder dei Paesi Ue.
L’Agenda per le competenze identifica innanzitutto otto capacità chiave per affrontare e gestire il cambiamento economico e tecnologico.
Vengono poi indicate dieci azioni per aumentare la qualità e la rilevanza dei percorsi di formazione, migliorare la comparabilità delle competenze tra Paesi, facilitare l'informazione e il coordinamento. La comunicazione sulla Digitalizzazione dell’industria europea delinea a sua volta una serie di misure strategiche per favorire lo sviluppo del mercato unico digitale. L’agenda Ue prevede poi un’iniziativa ambiziosa: l’introduzione in tutti iPaesi membri di una Garanzia per le competenze, simile alla Garanzia giovani.
Il passo in più
A ciascun adulto dovrebbe essere riconosciuto un nuovo diritto sociale che gli garantisca: una valutazione delle competenze possedute; un’offerta di formazione che risponda alle sue esigenze specifiche, nel contesto del mercato locale del lavoro; la convalida e il riconoscimento delle competenze acquisite e di volta in volta aggiornate. Per ora non è chiaro se la Ue impegnerà dei fondi su questo fronte, come nel caso della Garanzia giovani. Sarebbe naturalmente molto importante che lo facesse. La sfida dell’aggiornamento professionale si giocherà soprattutto a livello nazionale.
Come si posiziona l’Italia in prospettiva comparata? Rispetto alla media europea, i lavoratori italiani scontano livelli bassi sia da un punto di vista dei titoli di studio acquisiti, che di effettive capacità di lettura, scrittura e calcolo. Particolarmente limitate sono poi le competenze in Itc: più di un adulto su tre non ha mai svolto un’operazione al computer.
Ad essere in ritardo è l’intera filiera della riqualificazione e della formazione: rispetto a una media europea del 10,8%, in Italia solo l’8,5% dei lavoratori partecipa a corsi di formazione. E pensare che esistono Paesi, come Danimarca e Svezia, in cui le percentuali si avvicinano al 30%. Ovviamente le difficoltà non sono distribuite in maniera eguale tra settori economici e tipologia di imprese. Il ritardo riguarda soprattutto l’alberghiero, la ristorazione, l’edile e l’agricoltura. Ma anche il manifatturiero italiano non è allineato agli standard europei, soprattutto fra le Pmi. Il sistema di formazione continua è un patchwork poco coerente e la capacità dello Stato di indirizzare,
guidare, nonché di finanziare, è limitata. La riforma del Titolo V (2001) non ha aiutato a definire compiti e responsabilità precise tra livelli di governo. A fronte di una molteplicità di attori istituzionali coinvolti sulla carta, le imprese rappresentano, di fatto, il maggior fornitore di corsi di
formazione continua. I fondi paritetici interprofessionali ricoprono ormai un ruolo cardine.
Le lacune
Quello che manca è un’integrazione tra centri di ricerca, università, istituti scolastici, imprese e parti sociali, all’interno di una cornice strategica congiuntamente definita e fatta propria dalle istituzioni pubbliche. I destinatari dovrebbero essere non solo i giovani, ma anche i lavoratori già occupati. La rivoluzione 4.0 è in corso ora, per avere successo (come impresa, territorio, regione, Paese, Europa tutta) è necessario correre subito, con le forze già attive ed occupate, investendo sulla loro formazione e riqualificazione. E creando connessioni fra conoscenze locali dei problemi (ciò che funziona e ciò che non funziona) da parte di chi già lavora e le nuove soluzioni rese possibili dall’innovazione, con le quali chi già lavora ha invece poca familiarità.
In Germania la corsa è già cominciata. Nel 2016 il governo ha lanciato l’iniziativa«Formazione Professionale e Training 4.0», imperniata sull’istituzione di una quindicina di Poli per le competenze su tutto il territorio nazionale. Ameno di due anni sono attivi già cinque Poli. Anche il nostro governo ha varato nel 2016 un ambizioso piano Industria 4.0, con l’idea di creare dei Centri Competenze integrati. Ma non sono ancora usciti i bandi per selezionare i progetti. Come al solito, i principali ostacoli sono la burocrazia e le norme amministrative, che imbrigliano le gambe dei concorrenti prima ancora che la corsa cominci.


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