lunedì 31 marzo 2008

L'etica fattore chiave

Sul tema dell'etica vi proponiamo questo interessante articolo della settimana scorsa tratto dal Sole 24 Ore:

L'etica fattore chiave
di Elio Silva

Ci sono voluti anni di dibattiti, fiumi di analisi e ricerche, faldoni di interpretazioni ma, alla fine, sulla responsabilità sociale d'impresa (CSR secondo l'acronimo anglosassone di Corporate Social Responsibility) si iniziano a trovare punti di riferimento condivisi.

Partendo da una definizione "a contrario", è ormai chiaro che non si tratta solo di filantropia, né di marketing e comunicazione, né di mera reputazione: per le aziende è una scelta strategica, del tutto integrata nel core business.

A confermare quello che gli studiosi vanno sostenendo da tempo giunge ora un'indagine condotta da Asa Amrop Hever, società di executive search che ha intervistato 200 dirigenti di imprese di medie e grandi dimensioni, quotate e non, sulla propensione verso la CSR.

Secondo la rilevazione, negli ultimi cinque anni è fortemente cresciuta fra i top manager l'importanza attribuita alla responsabilità sociale: tre su quattro (il 73%) la ritengono oggi fondamentale per garantire il successo dell'azienda nel medio-lungo termine e le realtà che si sono dotate in qualche modo di progetti di CSR sono ben l'82%.

"Le imprese sono sotto i riflettori tutti i giorni - osserva Vito Gioia, managing partner di Asa - e hanno una crescente responsabilità che è stata tra l'altro estesa dalla legge 231.
L'impegno verso i dipendenti, i clienti e i fornitori non è più visto solo in chiave tattica, per l'immagine. Ha una valenza strategica, molto forte soprattutto nel caso delle società quotate".

"La responsabilità sociale - gli fa eco Giorgio Fiorentini - direttore del master in management delle imprese sociali all'Università Bocconi di Milano - sta diventando pervasiva in tutto il tessuto economico. Le imprese non danno un generico assenso al concetto di CSR (e chi non lo darebbe?), ma lo considerano funzionale allo sviluppo di un'equilibrata redditività. Potremmo addirittura non aggettivare le funzioni con la parola sociale, perché dicendo comunicazione si intende comunicazione sociale, con marketing si sottintende marketing sociale, e così via. Ma attenzione: questo schema non è valido in assoluto, anche se la tendenza è chiara".

Cinque anni fa, nella precedente rilevazione condotta dalla società di executive search, il fattore più importante che spingeva verso la CSR era l'immagine (68%), oggi, invece, tra le motivazioni prevale la consapevolezza che la CSR consente di avere buoni rapporti con l'opinione pubblica (74%), contribuisce a sviluppare le risorse umane (70%) e ad attirare i talenti (64%). "Bisogna tenere presente - avverte Gioia - che il campione comprende aziende medio-grandi e che, in molti casi, si tratta di imprese multinazionali. La crescita è comunque impressionante, e anche nelle società che non hanno piani specifici, i manger mostrano un'elevata sensibilità".

Ma chi governa le attività di responsabilità sociale nell'impresa? Fra le aziende che hanno programmi di CSR oltre la metà (54%) vede il Ceo, Chief executive officer, impegnato in prima persona, mentre un ruolo importante continuano a giocarlo le funzioni dedicate alla comunicazione (32%).

Il maggior peso assunto dalla materia si riflette anche nella scelta dei nuovi manager. Fra i criteri preferiti dai vertici aziendali prevalgono ancora capacità ed esperienza (95%), abbinate alla leadership (92%) e alla conoscenza del settore (78%), ma è molto apprezzato pure l'impegno etico (73%).

"Nella scelta di un buon manager - spiega Gioia - oggi si tiene conto anche della sua capacità di rispettare le regole. La reputazione delle imprese riflette quella dei dirigenti: la responsabilità sociale non è più un optional, ma contribuisce a creare e a mantenere relazioni positive".

"Tuttavia - avverte Fiorentini - la CSR deve ancora entrare a far parte dell'assetto valoriale di tutto il management. Deve essere accolta nella cultura dell'impresa. Resta molto da fare perché, già nella selezione del personale, si possa verificare se i candidati hanno in sé il Dna della responsabilità sociale. Un ruolo importante, sotto questo profilo, lo gioca la formazione, spesso schiacciata da una cultura che promuove un management per il quale il profitto debba essere raggiunto ad ogni costo".

L'attenzione verso la CSR, secondo l'indagine Asa, non si riflette sempre nella preparazione di un vero e proprio bilancio sociale: a scegliere questo tipo di rendicontazione è solo il 58% delle aziende.
La crescita è comunque elevata rispetto a cinque anni fa, quando la quota si attestava al 31%. Molto più frequenti i casi in cui gli elementi legati alla responsabilità sociale sono inseriti nel tradizionale bilancio di esercizio (94%).

Analizzando, invece, gli stakeholder, cioè i diversi portatori di ineteressi, i top manager sembrano interessati alla CSR soprattutto per coinvolgere e motivare le risorse umane (82%).

Grande importanza, inoltre, viene rivolta ai cleinti (66%), nonché a partner e fornitori.


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domenica 30 marzo 2008

Barista o assassino?

Eccovi una nuova storiella la cui soluzione va trovata con l'aiuto del Pensiero Laterale.

Un uomo entra in un bar e chiede da bere.
Il barista tira fuori un fucile e glielo punta contro.
L'uomo, entusiasta, sorride, ringrazia e se ne va.
Perché?


Attenzione! Qui sotto è riportata la soluzione, leggetela solo se pensate di non essere in grado di risolvere l'indovinello da soli.

(R: L'uomo era colpito dal singhiozzo e il barista lo spaventa per farglielo passare.)

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In sanità il Kaizen funziona?

La metodologia “Kaizen” nacque sulle linee di assemblaggio nel mondo produttivo, un mondo che, solitamente, gestisce processi abbastanza lineari.

Gli ospedali, al contrario, sono ben poco lineari, può dunque essere applicata con successo una metodologia “snella”? E questa metodologia può effettivamente portare valore aggiunto? Le cure date ai pazienti miglioreranno e costeranno meno? I dottori e gli infermieri saranno meno frustrati nel fare il loro lavoro?

Abbiamo raccolto in rete, soprattutto nei siti e nei blog americani, i pareri di chi in Sanità ci lavora. Vi proponiamo quelli, a nostro giudizio, più significativi:

1) Lean e Kaizen vanno benissimo per focalizzare l’attenzione. Molti reparti si concentrano sulla risoluzione di un problema in maniera intensiva abbattendo le barriere.

2) L’evento Kaizen facilita l’emissione di un output e questo è un bene se confrontato alle chiacchiere che si fanno di solito.

3) Il supporto e il coinvolgimento del management è critico. Tutte le barriere scompaiono quando il capo dice “facciamolo”. Un management coinvolto ha gli strumenti per comprendere più chiaramente la quotidianità rispetto ad ognuno di noi.

4) Un evento Kaizen è perfetto per apportare quei cambiamenti che nessuno ha voglia di implementare. La presentazione di un evento Kaizen stimola sia nel management che nelle altre persone un’urgenza spinta dall’evidenza dei bisogni: gli occhi si spalancano sul problema. Il Kaizen, inoltre, aiuta ad affrontare il problema con un metodo.

5) Con questa tipologia di interventi si facilita la comunicazione tra i dipartimenti.

6) Anche se gli output di un evento Kaizen sono alla fine diversi da quelli prospettati, l’esperienza è comunque utile perché crea attenzione in una certa area e, se non fa diminuire i difetti imediatamente, è sicuro che aiuterà a ridurli col tempo.

7) Il miglioramento non deve finire mai ma deve essere quotidiano: il kaizen insegna proprio questo.

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sabato 29 marzo 2008

ISO 9001 e benefici economici

In Italia ci sono più di 100.000 aziende certificate ISO 9001 e il settore movimenta diversi miliardi di euro all'anno.

La domanda è: i soldi spesi in qualità sono soldi spesi bene? Generano un ritorno economico?

Molti vedono l’approccio alla qualità solo come una "tassa" da pagare per certificarsi, una pura questione formale e burocratica, quasi un rallentamento delle proprie attività.

La qualità, però, non deve identificarsi nell'applicazione di teorie astratte e in puri controlli formali ma deve, al contrario, concretizzarsi nell'ottenimento di vantaggi e benefici economico-finanziari tangibili come suggerito dalla norma ISO 10014:2006 “Quality management – Guidelines for realizing financial and economic benefits” (Gestione per la qualità - Linee guida per realizzare benefici finanziari ed economici).

La norma fornisce, attraverso un approccio per processi, indicazioni per definire le priorità di miglioramento dei singoli principi di gestione per la qualità e per scegliere le metodologie e gli strumenti idonei a realizzare tale miglioramento. In buona sostanza, insegna a sviluppare gli otto principi della ISO 9004 in chiave economico-finanziaria.
Per ciascun principio di gestione, infatti, la norma insegna il processo di miglioramento continuo attraverso l'applicazione della metodologia PDCA (ossia Plan – Do – Check - Act), sottolineando e descrivendo l’incidenza che ciascuno di questi principi ha nella realizzazione di benefici finanziari ed economici per tutta l’organizzazione.

Tutte le indicazioni contenute nel documento possono essere di aiuto, tra le altre cose, per:
- organizzare un miglior sistema di pianficazione e controllo
- adottare le best practice in un'ottica di miglioramento continuo

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La comunicazione in azienda

Oggi vi proponiamo un articolo sulla comunicazione in azienda, tratto dal Corriere della Sera

Spazio ai maghi dell'identità aziendale

Enzo Riboni

Capire e farsi capire non è solo un problema di rapporti interpersonali. Anzi, nelle imprese viene sempre più considerato un fattore competitivo chiave. Perché comunicare bene con i propri dipendenti aumenta la soddisfazione, accresce la fiducia, rassicura sulle prospettive del proprio lavoro, spiega la direzione verso cui va l'azienda.

In altre parole, aumenta la produttività. Un esempio? L'indagine 2007 "What's working" condotta in Europa da Mercer human resource consulting. Solo il 41% delle persone che valutano negativamente la comunicazione interna ha fiducia nella propria azienda. La percentuale di identificazione quasi raddoppia, invece, toccando quota 74%, quando i lavoratori giudicano positiva la comunicazione aziendale.

Un altro dato è ancor più significativo. Appena un risicato 11% di chi ha da ridire sulla comunicazione in azienda è soddisfatto della propria retribuzione. Ma gli appagati diventano 5 volte di più (53%) quando la comunicazione funziona. «Il problema — sostiene Gino Armuzzi, responsabile della Hr transformation di Mercer — è che spesso la comunicazione in azienda non passa. Dal nostro studio, infatti, emerge che il 95% delle persone non conosce le strategie dell'azienda in cui lavora ».

Perché ormai la vera risorsa scarsa è l'attenzione, che bisogna saper blandire, catturare, trasformare in apprendimento. «Tutte cose — continua Armuzzi — non più fattibili con i vecchi metodi che comunicano contenuti con modalità burocratiche, che spiegano, per esempio, la mission aziendale con messaggi noiosi su poster appesi ai muri o con documenti cartacei che non emozionano e non si fanno capire».
Quindi cellulari d'ultima generazione, blackberry, visori disseminati in azienda, totem multimediali, fino alla più tradizionale Intranet reinterpretata in modo interattivo. Come succede in Ibm. «La Comunicazione — spiega il responsabile della comunicazione interna Paolo Crosta — è sempre più una componente fondamentale della motivazione.

In Ibm è una cosa che curiamo da sempre, ma oggi usiamo sempre più le tecnologie. Per esempio i visori distribuiti nei punti chiave di passaggio e raccolta, negli ascensori, negli atri, nei bar aziendali». Schermi su cui passano notizie utili, dalle news estere alle previsioni del tempo, alternate con notizie e filmati del mondo Ibm. «Sono solo flash con i quali attiriamo l'attenzione — continua Crosta — e chi vuol saperne di più va su Intranet.
Ma è l'interattività la vera cosa nuova. Abbiamo 4 mila blog di dipendenti di tutto il mondo, ci sono i wiki in cui i team di lavoro inseriscono informazioni e ricevono integrazioni da tutti gli altri. Insomma, usiamo le tecnologie per il massimo di trasparenza e collaborazione aziendale, per esempio con eventi-dibattito globali. Come l'"Innovation jam" dell'anno scorso, un dibattito sull'innovazione che ha fatto scaturire 37 mila nuove idee, o come il sito "Think place" dove se hai un'idea la metti in rete e chiunque nel mondo può aggiungere qualcosa per migliorarla».

L'Intranet aziendale può poi anche diventare un potente strumento di dialogo pianificato tra un lavoratore e il suo capo. Come succede nella multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline. «Noi puntiamo molto sul "Performance and development planning" — racconta il responsabile della comunicazione Massimo Ascani — che è un vero e proprio contratto via Intranet tra capo e dipendente in merito agli obiettivi, alle prestazioni e al percorso formativo e di carriera. La novità è che quel documento non è visibile solo ai due diretti interessati, ma anche a tutti i collaboratori e colleghi: ognuno conosce gli obiettivi altrui e il loro stato di avanzamento. Così otteniamo una forte condivisione di valori e la massima trasparenza sul contributo lavorativo di ciascuno e sulle strategie aziendali».

Ma la nuova frontiera della comunicazione interna passa anche da un rinnovato modo di fare formazione, con l'apprendimento facilitato da ipertesti con audio e musica, animazioni e visualizzazioni tridimensionali. «La multimedialità nell'e-learning — spiega il responsabile sviluppo e politiche retributive di Q8 Livio Livi — ci ha fatto guadagnare sia in efficienza che in costi.
Così con Mercer abbiamo sviluppato via Intranet corsi sia su temi "astratti" come la mission o la vision, sia su contenuti molto tecnici. Ma usiamo Intranet anche per servizi più pratici, come prenotarsi un volo aereo o andare a controllare cedolino paga e proiezioni pensionistiche ».


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venerdì 28 marzo 2008

L'one piece flow: i vantaggi

Oggi vi proponiamo uno stralcio della riflessione di Ron Pereira tratta dal blog LSS Academy.
Ron prende in considerazione quali sono i principali vantaggi che derivano da un flusso produttivo "one piece flow" (un pezzo alla volta) reso famoso da Toyota. Vediamoli insieme:

1) Migliora la sicurezza. Gli studi fatti dimostrano che il sovraffollamento delle linee produttive è una delle cause più comuni di incidenti sul lavoro. Passando all'one piece flow si limita la movimentazione di pesanti pallets o contenitori di materiale, limitando le situazioni potenzialmente pericolose.

2) Si "costruisce" una maggiore qualità. Producendo e movimentando un solo pezzo alla volta i difetti vengono evidenziati immediatamente (solitamente alla work station successiva), originando una conseguente azione correttiva. Non si creano più situazioni in cui ci si accorge che un intero lotto è difettoso.

3) Migliora la flessibilità. Lavorare un pezzo alla volta aumenta la nostra velocità e la flessibilità di risposta, permettendoci di predisporre un tempo maggiore per processare l'ordine e di gestire anche le richieste "last minute" del cliente.

4) Si può ripensare tutta la linea produttiva in scala ridotta. Le strumentazioni e i macchinari possono essere di dimensioni minori e occupare, di conseguenza, meno spazio.

5) Si riducono i magazzini. L'abbattimento del magazzino svincola le risorse economiche ad esso solitamente dedicate che possono, così, essere utilizzate diversamente.

6) Migliora la produttività. Molti degli sprechi individuati in produzione sono dovuti alla produzione in lotti e alle code di materiale in attesa di essere processato, movimentato e trasportato.

7) L'approvvigionamento di nuovo materiale viene semplificato. Il flusso di materiale e il conseguente rimpiazzo è ben prevedibile e gestibile.

8 ) Si libera spazio. Come già detto prima, in conseguenza della riduzione dei volumi lavorati in produzione si libera anche lo spazio occupato dal materiale in attesa di essere processato. In aggiunta le work station devono essere, necessariamente, più vicine tra loro e anche questo fattore collabora al risparmio di spazio

9) Si predisponde un ambiente teso al Kaizen (miglioramento continuo): non essendoci più i cuscinetti rappresentati dai magazzini, tutti i difetti saltano all'occhio subito e devono essere tempestivamente risolti. Si lavora in un'ottica di miglioramento continuo

10) Migliora il morale dei lavoratori. Le persone vogliono vedere i progressi e vogliono essere coinvolte. Questo tipo di produzione facilita il loro sviluppo professionale.

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giovedì 27 marzo 2008

La motivazione: concetto fondamentale per la Qualità

Come si può mantenere alta la motivazione nel lavoro di squadra?

La prima cosa da fare è concentrarsi sui progressi fatti e darne una chiara evidenza. Le persone, spesso, tendono a scordare la situazione di partenza o a minimizzare i percorsi fatti anche se sono costati molta fatica.
Mantenere la memoria dei passi fatti, anche di quelli piccoli, aiuterà i collaboratori ad affrontare meglio i nuovi problemi, in un'ottica di piccoli miglioramenti quotidiani.

La seconda cosa fondamentale è dare l'esempio. Se i responsabili sono i primi ad essere demotivati o a predicare la qualità per poi trascurarla quando c'è un'emergenza da affrontare è difficile che i collaboratori si comportino in maniera diversa o credano davvero in quello che viene loro detto.

La terza cosa e ultima cosa è raccogliere tutte le lamentele del proprio team, ovviamente solo quelle costruttive, e cercare, una alla volta, di porvi rimedio, tutti insieme.
Spesso, ad esempio, manca il tempo per lavorare su cose che sarebbero fondamentali per la serenità professionale dei collaboratori. Bene, prima o poi il tempo per dedicarsi a queste attività arriva ed è bene avere un elenco pronto per decidere le priorità e per stabilire a cosa dedicarsi prima di tutto.

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mercoledì 26 marzo 2008

Le 4P di Toyota

Queste sono le 4 P del modello Toyota:

1) Phylosophy (Filosofia): Toyota imposta ogni sua decisione su strategie e su obiettivi a lungo termine che devono, a suo giudizio, soppiantare le decisioni a breve termine.
La base della sua filosofia è quella di sviluppare le risorse, lavorare, crescere e indirizzare l'azienda verso obiettivi comuni che devono concretizzarsi ad un livello superiore rispetto al fare solo soldi.
La filosofia e la mission devono essere il fondamento di tutti gli altri principi.
Obiettivo principale per Toyota è quello di soddisfare i propri clienti. Un cliente soddisfatto, infatti, torna e genera nuovi clienti e porta il vero valore all'azienda.

2) Process (Processi): i processi giusti danno i risultati attesi e, attraverso il Kaizen (miglioramento continuo) possono tendere alla perfezione.

3) People (Persone): far crescere il personale, le persone che lavorano con noi (come, ad esempio, i fornitori) e l'intera organizzazione è un principio estremamente importante per Toyota.

4) Problem Solving (Soluzione dei problemi): tutti sono capaci di risolvere bene i problemi e di analizzare le cause che li hanno generati per non ripetere più lo stesso errore. Bisogna che questa possibilità sia estesa a tutto il personale.

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venerdì 21 marzo 2008

La terminologia del Kaizen

Oggi prendiamo in esame i termini più comuni della metodologia Kaizen:

- Andon
- Arubekisugata
- Genba
- Genchi genbutsu
- Goesu
- Heijunka
- Mieruka
- Muda
- Mura
- Muri
- Poka Yoke
- Seiri
- Seisou
- Seiton
- Shitsuke
- Seiketsu

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mercoledì 19 marzo 2008

Problemi nell'implementare un Sistema di Gestione della Qualità

Molti di voi staranno implementando, o avranno appena finito di implementare o staranno supportando in veste di consulenti lo sviluppo di un Sistema di Gestione della Qualità.
Vediamo, dunque, quali sono i problemi più ricorrenti in questo tipo di approccio. Confermate queste affermazioni?

1) Il management non è coinvolto nell’implementazione perché ritiene che la qualità sia qualcosa da lasciare ai tecnici;

2) le comunicazioni tra il top management e i professionisti della qualità non sono efficaci;

3) si compra un sistema già preconfezionato o ci si limita a copiare una soluzione già adottata da un’altra azienda. Le iniziative legate alla qualità sono tutte superficiali e di facciata;

4) si pasticcia cercando di applicare diverse metodologie o strumenti, spesso senza che nemmeno i più esperti sappiano esattamente come interfacciarle una all’altra;

5) in contemporanea all’avvio del progetto qualità vengono fatti partire molti altri progetti così che le risorse vengono disperse;

6) non c’è enfasi sul reale miglioramento dell’organizzazione ma solo sull’ottenimento del pezzo di carta;

7) si sviluppa la parte burocratica del sistema con documenti scritti in maniera poco comprensibile e destinati a non essere utilizzati perché troppo scollati dalla realtà;
8) l’atteggiamento davanti ai problemi è reattivo e non proattivo

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