mercoledì 6 settembre 2017

I trucchi del lettore intelligente

(Fonte: "L'Internazionale")

L’assalto delle parole comincia nel momento in cui ci svegliamo. Ancor prima di vestirci  controlliamo l’email, diamo un’occhiata  alle  notizie  online, apriamo Twitter e rispondiamo ai messaggi. Una volta al lavoro, dobbiamo leggere rapporti, relazioni, articoli e altre email. A
volte ci immergiamo in un testo per il puro piacere di farlo. Con la diffusione di internet e dei social network molti di noi si trovano a contatto con un maggior numero di informazioni scritte rispetto alle generazioni precedenti. Il rischio è di farsi travolgere da questa valanga quotidiana di testo:
sia chi fa fatica a contenerla sia chi ne vorrebbe di più probabilmente si è chiesto se non ci siano metodi di lettura migliori.


Sappiamo che il cervello umano è capace di imprese straordinarie. “Ci sono persone che memorizzano mazzi di carte in meno di venti secondi e, di recente, una persona è riuscita a risolvere otto cubi di Rubik sott’acqua senza riprendere fiato”, racconta David Balota della Washington
university di St. Louis, nel Missouri. “Sarebbe interessante sapere se si possono ottenere risultati simili nella lettura”.
Realisticamente la maggior parte di noi non potrà mai sperare di battere Anne Jones, sei volte campionessa mondiale di lettura rapida, che ha raggiunto il record di 4.251 parole al minuto. Ma ci sono sistemi che possono aiutare chiunque a ricavare qualcosa di più da quello che legge.
In media una persona laureata legge tra le duecento e le quattrocento parole al minuto. Nel corso della storia l’idea di leggere meglio è sempre stata legata a quella di leggere più velocemente. Negli anni cinquanta l’insegnante statunitense Evelyn Wood lanciò il concetto di lettura rapida e
da allora proliferano i corsi e i libri che promettono di insegnare alle persone a leggere cinque volte più velocemente senza perdere nulla a livello di comprensione. Le nuove tecnologie hanno reso quest’idea ancora più attraente. Spritz, per esempio, è un’applicazione molto popolare per ottimizzare la lettura: secondo i suoi creatori è usata da milioni di persone in tutto il mondo. Viene addirittura preinstallata su alcuni telefonini.


“Fino a poco tempo fa i metodi di lettura rapida venivano insegnati solo in corsi specializzati, che bisognava frequentare per settimane”, spiega Elizabeth Schotter, una psicologa cognitiva della University of  South Florida, negli Stati Uniti. “Ma ormai c’è chi sostiene che, grazie alle nuove tecnologie, non serva nessun corso. Questo è molto allettante per chi cerca un modo rapido e facile per risolvere problemi come quello di aver troppe cose da leggere”.


Soluzioni inefficaci 

 
In realtà gli scienziati non erano sicuri che la lettura rapida funzionasse davvero. Per verificarlo Schotter e i suoi colleghi hanno valutato alcune delle strategie e dei sistemi più  diffusi, con  risultati  deludenti.  Per esempio, una delle “soluzioni” per leggere più velocemente è eliminare del tutto la
vocalizzazione interna, cioè non immaginare il suono delle parole ma solo affidarsi al loro aspetto. La vocalizzazione interna sarebbe una perdita di tempo che ci portiamo dietro da quando abbiamo imparato a leggere ad alta voce da bambini. Ma Schotter e i suoi colleghi hanno dimostrato che
eliminare la riproduzione dei suoni nella nostra mente ostacola la comprensione. È ragionevole pensare che tradurre informazioni visive in forma sonora ci aiuti a capire meglio un testo, visto che in origine il linguaggio era espressione orale e percezione uditiva. Gli esseri umani hanno cominciato a parlare tra loro circa centomila anni fa, mentre la scrittura fu inventata in Mesopotamia solo nel 3400 aC.


Un metodo molto usato in alcune app è quello di presentare singole parole rapidamente, una dopo l’altra. Gli utenti di Spritz, per esempio, possono stabilire un ritmo che va dalle 250 alle mille parole al minuto.
Si pensa che questo elimini la necessità dei movimenti oculari. “L’idea che perdiamo tempo facendo dei movimenti inutili con gli occhi è affscinante”, ammette Balota.
Ma è sbagliata. Lo dimostrano le ricerche sul modo in cui leggiamo. Per prima cosa, gli occhi devono concentrarsi sulle lettere.
L’acutezza visiva è massima nella fovea, l’area di maggiore sensibilità visiva della retina, che è grande più o meno quanto il pollice quando allunghiamo il braccio davanti all’occhio. Rapidi movimenti dell’occhio, detti saccadi, consentono a chi legge di spostare la fovea da una parola all’altra.
Ogni movimento in avanti di solito copre circa sette lettere. In media gli occhi si soffermano su una parola per circa 250 millisecondi e, mentre passano oltre, il cervello sta ancora cercando di capire quello che ha registrato. Ma la lettura non è sempre un processo di avanzamento. Circa il 30 per
cento delle volte saltiamo una parola. Questo può succedere se è molto breve (come “di” o “a” ), frequente (come “stato” o “molto”) o prevedibile perché è stata appena letta. Almeno il 10 per cento delle volte torniamo alla parola precedente, forse perché ci rendiamo conto di non averla capita
bene o, se è un’informazione nuova, vogliamo rivederla per capirla meglio. Quando un’applicazione ci presenta delle parole una dopo l’altra, non è possibile prevederle e rivederle, quindi la comprensione si riduce, sostiene Schotter.
Il modo in cui leggiamo normalmente si scontra anche con la tecnica di lettura rapida chiamata chunking, cioè la suddivisione del testo in blocchi. I suoi promotori sostengono che con questa tecnica si possano leggere interi gruppi di parole, anche quelle fuori dalla fovea, con un solo sguardo. Secondo Schotter, però, questo sistema non funziona perché il chunkingnon è possibile dal punto di vista isiologico, senza contare il fatto che a limitare la nostra velocità di lettura è l’incapacità non tanto di vedere le parole, ma d’identificarle e comprenderle rapidamente.
Secondo Schotter queste tecniche sono inutili. “Sono tutte un po folli”, osserva.
“Non sono totalmente assurde, ma sembrano ragionevoli solo a chi non ha mai veramente studiato come funziona il processo di lettura”. Inoltre i record dei tempi di lettura non  sono  mai  stati  verificati scientificamente. Alla fine delle gare ai partecipanti vengono rivolte delle domande sul testo per veriicare cos’hanno capito, ma è possibile dare risposte corrette anche solo avendo scorso il testo e facendo ipotesi intelligenti per riempire i vuoti.


Schotter è convinta che un “buon” lettore, con una media di quattrocento parole al minuto, potrebbe raddoppiare la velocità, ma non triplicarla, come promettono i sistemi di lettura rapida. E anche così quella non sarebbe una “vera” lettura, ma solo un modo “più efficiente per scorrere il testo”, che inevitabilmente comporta una minore comprensione. Se il nostro obiettivo è solo capire il senso di un testo, scorrerlo è meglio che leggerlo. E per questo non c’è bisogno di comprare un’applicazione o
di frequentare dei corsi. Schotter consiglia di concentrarsi sui titoletti e sulla prima e  ultima frase di ogni paragrafo, perché di solito è in quelle parti che si trovano le informazioni più importanti, almeno se il testo è “scritto bene”. Questa tecnica richiede che il lettore riempia i vuoti facendo delle supposizioni sulla base di quello che ha già letto. Se si vuole leggere più velocemente senza compromettere la comprensione non esistono scorciatoie, aferma Schotter. La massima velocità con cui possiamo passare da una parola all’altra, continuando a capire quello che stiamo leggendo, è determinata soprattutto dalla nostra familiarità con quelle parole. Mentre una persona può esitare davanti a “insignificante”, un’altra rallenterà davanti a “psiconeuroendocrinoimmunologia”. 


Qual è la soluzione, secondo Schotter?
“Spesso non piace sentirselo dire, ma l’unica cosa da fare è leggere di più. Espandere il proprio vocabolario e la propria conoscenza del mondo”, dichiara la studiosa.
Il modo più intelligente di leggere è prendere coscienza dei propri limiti e riconoscere i vantaggi e gli
svantaggi dello scorrere rapidamente un testo. Ma bisogna anche tener conto del mezzo che si
usa, perché leggere su uno schermo è diverso da leggere su carta.
È difficile fare un’ipotesi su quanto oggi leggiamo su schermo. “Nessuno dispone di dati significativi che mettano a confronto i minuti passati a leggere su ogni piattaforma”, spiega Naomi Baron dell’American university di Washington Dc, autrice di Words on Screen: the fate of reading in a digital world (Oxford University Press 2015).
Secondo i sondaggi del Pew research center, negli Stati Uniti, la metà dei lettori di giornali usa esclusivamente la versione stampata. Nel 2016 il 65 per cento degli adulti statunitensi ha letto almeno un libro di carta, rispetto al 71 per cento del 2011, mentre quelli che hanno letto un libro in
formato digitale sono passati dal 17 al 28 per cento. Sempre nel 2016 gli Stati Uniti e il Regno Unito – il secondo paese per vendite di ebook al mondo – hanno visto calare le vendite di libri in formato digitale, forse perché stanno diventando più costosi, ipotizza Baron.
 

Gli schermi sui banchi 

Leggere sullo schermo è spesso considerata una “buona cosa”, soprattutto a scuola, dice Anne Mangen dell’università di Stavanger, in Norvegia, che presiede l’iniziativa dell’Unione europea E-Read. Ma non ci sono dati certi. “Mancano le informazioni e ci sono molte pressioni da parte dell’industria tecnologica”, dice. Molti dibattiti, discussioni e decisioni – soprattutto nel campo della scuola – si basano su ipotesi e su una fede quasi cieca nella tecnologia.
Molti sostengono che leggere su dispositivi elettronici “sia più stimolante e che sia il modo in cui la maggior parte delle persone legge e leggerà in futuro”.
In  realtà  dalle  ricerche  di  Mangen emerge che abbiamo più diicoltà a comprendere le informazioni presentate in pdf  su uno schermo rispetto a quelle stampate su carta. Questo probabilmente è dovuto al fatto che è più difficile muoversi su un testo online, tornare al punto che si vuole rileggere. Una persona può ricordare che una certa informazione era a circa un quarto di un documento stampato o a circa due terzi di una pagina, ma in un formato elettronico questi riferimenti non ci sono più.
“Dalle ricerche emerge una preferenza verso la carta stampata quando si tratta di studiare”, dice. Questo potrebbe confermare l’idea che è meglio leggere su carta le cose che vogliamo comprendere a fondo.
Lo stesso discorso potrebbe valere per chi legge per piacere. Mangen ha riscontrato che le persone che leggono un romanzo giallo su Kindle fanno più fatica a ricordare la sequenza degli eventi rispetto a chi lo legge su carta, probabilmente perché un supporto elettronico non dà la stessa sensazione tattile del procedere della trama che dà un libro. È anche in parte dimostrato che quando leggono su carta le persone s’immedesimano di più nei personaggi.
A seconda dei motivi per cui si legge, farlo su uno schermo presenta comunque dei vantaggi. Possiamo ingrandire i caratteri o cercare una parola nel testo e trovare riferimenti incrociati. Ma anche in questo caso emergono aspetti negativi. “Quando cerchiamo una parola chiave di solito arriviamo a leggere solo un’informazione speciica ma ci perdiamo tutte quelle di contorno”, dice Baron. Inoltre, saltare da un sito web all’altro riduce la nostra capacità di concentrazione.
 

Come per le tecniche di lettura rapida, la cosa migliore da fare è adattare lo strumento ai nostri obiettivi. Ma c’è una cosa che tutti possiamo sempre fare per diventare lettori più bravi. “Quello che conta non è il tempo che impieghiamo a leggere, e neanche il supporto, ma la concentrazione”, dice Baron. “Ci sono persone che leggono lentamente ma non riescono a capire molto, mentre ci sono lettori veloci che hanno un’ottima capacità di memoria e di analisi”.
“Secondo me la cosa più rilevante è che quando ci mettiamo a leggere un testo che ci interessa – non importa se narrativa o saggistica – la lettura catturi tutta la nostra attenzione”, afferma Baron.


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