martedì 26 settembre 2017

Se lo stipendio cresce solamente con gli anni

(Fonte: "L'Economia")

In quasi tutti i Paesi Ue le retribuzioni dei lavoratori giovani (meno di 30 anni) tendono ad essere inferiori a quelle dei lavoratori più anziani (più di 60). In base ai calcoli di Eurostat, la differenza
varia però molto fra Paesi: in Scandinavia è di circa il 20% in meno, in Germania e Gran Bretagna il 30%, in Spagna il 65%. Nel nostro Paese la percentuale è del 60%. Tuttavia il divario è fermo dal
2006, mentre negli altri Paesi si è ridotto. In Italia continuano a prevalere criteri basati sulla anzianità. Le basse retribuzioni dei giovani costituiscono un grosso problema, nonché un incentivo
alla fuga dei cervelli. 


Il governo ha intenzione di favorire l’ occupazione giovanile con uno sgravio contributivo selettivo e temporaneo.
Difficilmente questa misura inciderà sui livelli delle retribuzioni dei neo-assunti e certo non avrà effetti sui differenziali retributivi fra giovani istruiti e meno istruiti. Come ha recentemente
suggerito Tito Boeri in una intervista al Corriere, lo strumento più adatto per affrontare il problema è la contrattazione decentrata. È a questo livello che diventa possibile allentare i vincoli dell’anzianità e sperimentare nuove forme di collegamento fra retribuzioni e premi, da un lato, e produttività individuale dall’altro lato, indipendentemente dall’età.


In Danimarca, per fare un esempio, la contrattazione decentrata ha portato proprio a questo risultato, ossia ad incrementi retributivi che hanno premiato e incentivato le capacità dei giovani. Imboccando questa strada si darebbe un doppio segnale: più giovani occupati, con paghe più in linea con le loro effettive competenze.


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