giovedì 19 dicembre 2013

Le università-aziende

Ultimo spunto dal libro di Nuccio Ordine "L'utilità dell'inutile".

Dopo gli studenti-clienti vediamo cosa scrive il nostro autore sui professori-burocrati e sulle università-aziende. Ovviamente, ogni vostro commento sarà il benvenuto.

(...)

"Istituti secolari e atenei, insomma, sono stati trasformati in aziende. Niente da eccepire, se la logica aziendalistica si limitasse a eliminare gli sprechi e a mettere sotto accusa le gestioni allegre dei bilanci pubblici. Ma, all'interno di questa nuova visione, il compito ideale di presidi e rettori sembrerebbe essere soprattutto quello di produrre diplomati e laureati da immettere nel mondo del mercato.

Spogliati dei loro panni abituali di docenti e forzati a indossati quelli di manager, sono costretti a far quadrare i conti nel tentativo di rendere competitive le imprese che governano.
Anche i professori si trasformano sempre più in modesti burocrati al servizio della gestione commerciale delle aziende universitarie."

(...)

"Sembra che nessuno si preoccupi, come si dovrebbe, della qualità della ricerca e dell'insegnamento."

(...)

"Non ci si rende più conto che separando completamente la ricerca dall'insegnamento si finisce per ridurre i corsi a una superficiale e manualistica ripetizione dell'esistente.

Le scuole e le università non possono essere gestite come aziende. (...) L'essenza della cultura si fonda esclusivamente sulla gratuità: la grande tradizione delle accademie europee (...) ci ricorda che lo studio è innanzitutto acquisizione di conoscenze che, libere da ogni vincolo utilitaristico, ci fanno crescere e ci rendono più autonomi. E proprio l'esperienza dell'apparentemente inutile e l'acquisizione di un bene non immediatamente quantificabile si rivelano investimenti i cui profitti vedranno la luce nella longue durée."

(...)

"Privilegiare esclusivamente la professionalizzazione degli studenti, significa perdere di vista la dimensione universale della funzione educativa dell'istruzione: nessun mestiere potrebbe essere esercitato in maniera consapevole se le competenze tecniche che richiede non fossero subordinate a una formazione culturale più vasta, in grado di incoraggiare i discenti a coltivare autonomamente il loro spirito e a lasciare libero corso alla loro curiositas.
Far coincidere l'essere umano esclusivamente con la sua professione sarebbe un errore gravissimo: in qualsiasi uomo c'è qualcosa di essenziale che va molto al di là del suo stesso mestiere. Senza questa dimensione pedagogica, completamente lontana da ogni forma di utilitarismo, sarebbe ben diffcile, per il futuro, continuare a immaginare cittadini responsabili, capaci di abbandonare i propri egoismi per abbracciare il bene comune, per esprimere solidarietà, per difendere la tolleranza, per rivendicare la libertà, per proteggere la natura, per sostenere la giustizia..."

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