giovedì 21 agosto 2014

I manager italiani all'estero

Come si trovano i manager italiani all'estero? Prova a spiegarcelo la rivista: "Il Dirigente".

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Al di là del luogo comune che dipinge le città estere vivibili e green, tecnologiche e ricche di offerte di lavoro, flessibilità, opportunità e meritocrazia, i manager italiani che si trovano in altri paesi effettivamente confermano che lavorare all’estero offre molti vantaggi. 

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Quali manager? Parliamo soprattutto di chi occupa posizioni di general management (40%), marketing, vendite e commerciale (17%), amministrazione, finanza e controllo (12%) e personale (11%); in multinazionali estere (53%), italiane (42%) o in aziende locali del paese che li ospita (5%).
Poco più della metà di loro è all’estero da massimo cinque anni (il 28% da meno di tre), mentre il 19% si è trasferito da oltre dieci anni. Dove per l’esattezza? Principalmente in Europa (55%), a seguire Asia (26%) e America (18%).


Perché partire?
Nella quasi totalità dei casi, i manager sono volutamente andati a lavorare all’estero, spesso cercando loro stessi un’azienda che offrisse quell’opportunità o concordandolo con l’azienda nella quale già erano in Italia. Solo una pallida minoranza (4%) ha subito questa decisione o magari è stata obbligata dall’azienda.
I motivi che li hanno spinti all’estero sono legati al lavoro: possibilità professionali più stimolanti di
quelle presenti in Italia (51%), voglia di un’esperienza internazionale (38%), passaggio obbligato per fare carriera in azienda (24%). C’è anche chi è stato “costretto” dal fatto di non aver trovato opportunità interessanti in Italia (27%) o da motivi personali/familiari (9%). A dispetto di quel che si possa pensare delle cosiddette fughe di cervelli in età universitaria, solo il 5% si trova in un paese straniero perché vi è rimasto dopo essersi trasferito per motivi di studio.


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Pare che di noi vengano apprezzati in particolare passione e impegno nel lavoro, capacità relazionali e creatività. Seguono resistenza e capacità di affrontare situazioni difficili, esperienza e capacità
in settori specifici, spirito imprenditoriale e visione strategica.
Invece risultiamo penalizzati per quanto riguarda la multiculturalità, decretata piuttosto scarsa, l’incapacità di staccarsi dai modelli aziendali/manageriali italiani e l’eccessivo richiamo delle radici.
Quindi per fare carriera in terra straniera gli intervistati suggeriscono apertura al cambiamento
(72%), spirito di adattamento (71%) e voglia di mettersi in gioco (51%). Poi anche intraprendenza,
umiltà e visione.


In effetti queste risposte rispecchiano un punto successivo dello studio che denota come la capacità
della classe manageriale italiana (chi oggi vive e lavora in patria) di muoversi in ambito internazionale è scarsa. Gli intervistati all’estero criticano nei loro colleghi rimasti qui la poca esperienza e frequentazione dell’estero (lo pensa l’85%), li ritengono impreparati ad affrontare le sfide che arrivano dall’estero (51%) e senza lo standing internazionale necessario per muoversi in un
mondo globale (55%). 


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Domani completeremo la lettura dell'articolo. A presto!

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