venerdì 24 febbraio 2017

Specializzazioni ma non troppo

(Fonte: "Italia Oggi")

Specializzazioni professionali da maneggiare con cura. La parola d’ordine è polivalenza, valorizzando la formazione professionale continua. La scelta di un settore specifico deve essere solo successiva a un’ampia preparazione di base che permetta di adattare la propria attività alle
esigenze di mercato. Deve, infatti, essere scongiurato il rischio che i professionisti specializzati si trovino espulsi dal mercato professionale nel caso in cui i trend dovessero cambiare. 


In base alla ricognizione effettuata da ItaliaOggi Sette è questa la strategia di base che le professioni tecniche (ingegneri, periti industriali, architetti, geometri, periti agrari, agronomi, chimici, tecnologi
alimentari e geologi) in Italia stanno mettendo in campo per affrontare i continui cambiamenti del mercato professionale.
In controtendenza rispetto al mondo economico-giuridico che, invece, spinge sempre di più verso la specializzazione professionale, l’atteggiamento delle professioni tecniche, pur con qualche differenza
tra le categorie, risulta essere di maggior prudenza.
Le specializzazioni, infatti, possono rivelarsi un’arma a doppio taglio. Fermo restando che, per qualsiasi tipologia di attività, il professionista cosiddetto generalista è una realtà che non può più trovare un eccessivo campo di azione, è pur vero che chiudersi in un settore di nicchia rischia di esporre i professionisti al rischio di fare estrema fatica a reinventare l’attività.
Dinamica che rischia di essere tanto più evidente nelle realtà economiche distanti dalle grandi città. Meglio, quindi, valorizzare la formazione professionale continua attraverso la quale ciascun
soggetto può, sulla base delle esigenze di tempo e di luogo, acquisire quelle competenze certificate e necessarie ad emergere nel settore di interesse. Delineata una linea comune di azione, però, non
mancato le differenze di opinione non solo tra le professioni aderenti alla Rpt, ma anche all’interno delle stesse categorie e tra generazioni.
Ad esprimere maggiore cautela nei confronti delle specializzazioni sono, ad esempio, i Giovani ingeneri guidati da Marco Cantavenna ad avviso del quale «spingere verso un’eccessiva specializzazione è rischioso, soprattutto per i giovani professionisti. In un momento in cui non è ancora chiaro l’andamento del mercato libero professionale del settore, anche alla luce delle continue novità in campo tecnologico, è importante che i giovani che si affacciano alla professione lavorino per avere una preparazione di base che sia più ampia e articolata possibile in modo da
potersi adattare alle mutevoli esigenze di mercato. Più che sulle specializzazioni», ha sottolineato Cantavenna, «è importante lavorare sulla certificazione delle competenze che permetterebbero di avere un quadro più completo della realtà professionale». 

Non dello stesso avviso, invece, il rispettivo Consiglio nazionale di categoria (Cni) che, tramite
il consigliere Luca Scappini, ha posto l’accento «sul fatto che il mercato ingegneristico è ampio e articolato ed è necessario fare una distinzione tra quelle che sono piccole realtà e quello che le dinamiche internazionali ci chiedono. Se si guarda a questo secondo aspetto», ha sottolineato il consigliere, «è innegabile che il mercato chieda una specializzazione ed è proprio in questa
direzione che dobbiamo lavorare». Tesi a grandi linee condivisa anche dagli architetti ad avviso dei quali visto e considerato che la formazione di base offerta dai percorsi universitari è omogenea sul territorio i professionisti sono al riparo dal rischio di non sapersi adattare ad esigenze di mercato differenti. Inoltre, alla luce dell’ampia concorrenza esistente nel settore è importante lavorare sia
sulle specializzazioni professionali, sia su una miglior qualificazione professionale grazie alla formazione professionale continua come elemento da valorizzare.
Di diverso avviso, invece, i geometri. «La parola chiave che ha permesso alla categoria di non soccombere al periodo di crisi economica è polivalenza», ha spiegato il vicepresidente del Cngegl Antonio Benvenuti, «siamo fortemente convinti che serva una formazione di base estremamente ampia, articolata e soprattutto strutturata che permetta ai futuri professionisti di applicarsi in tutti i settori a seconda di quelle che sono le richieste del territorio e del mercato. E il valore aggiunto
in questo caso», ha spiegato Benvenuti, «è la formazione professionale continua che se applicata a delle solide radici completa il professionista». 

Peculiare, invece, la situazione dei periti industriali che considerano il tema della specializzazione, in realtà, un falso problema. «La specializzazione per la categoria, infatti, è sempre stata e continua a essere un valore aggiunto e una risorsa, considerando che l’albo è composto da oltre 27 specializzazioni diverse, che ha permesso ai periti industriali di essere presente nelle diverse aree del sapere e quindi di coprire diversi settori di mercato», hanno fatto sapere dal Cnpi, «nello stesso tempo la tecnica e le sue evoluzioni normative sono così rapide che non consentono ad alcun professionista di avere una conoscenza completa del settore di attività. L’idea, quindi, è che sia necessario avere una preparazione generalista con una spinta decisa verso la specializzazione. Per
il professionista di area tecnica vale la pena ricordare il tema della progettazione integrata che si caratterizza per la condivisione dei sistemi, l’interazione delle competenze e la multidisciplinarietà». Allineati invece, periti agrari, chimici e agronomi. «Nel nostro settore», ha sottolineato il presidente del Conaf, Andrea Sisti, «il mercato cambia rapidamente, così come le esigenze del territorio e dobbiamo evitare che i professionisti rischino l’esclusione dal mercato chiudendosi in una sola nicchia. Per noi la strategia vincente è l’adattabilità unita alla formazione». Tesi condivisa anche dai
chimici, che sono tornati a porre l’accento sulla formazione professionale continua e dai periti agrari per i quali, «le competenze specifiche devono, eventualmente», ha sottolineato il presidente del Collegio nazionale Lorenzo Benanti, «solo essere successive a una preparazione di base ampia e
articolata». Infine, differenti le dinamiche dei tecnologi alimentari e dei geologi. I primi tramite la presidente Carla Brienza hanno posto l’accento sulla necessità, per la categoria, di riuscire a tornare ad una formazione universitaria su base quinquennale che sia omogenea sul territorio. I secondi, invece, hanno evidenziato la necessità di «avvicinare il percorso accademico alle esigenze del mondo professionale per arrivare, poi», ha precisato Francesco Pedutopresidente del Consiglio nazionale dei geologi, «ad affrontare il tema delle specializzazioni».


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