lunedì 21 maggio 2018

Le aziende responsabili in Borsa battono gli indici

(Fonte: "Affari&Finanza")

Si  investe  sempre  più  guardando, oltre ai fondamentali di un’azienda, anche ai suoi comportamenti  in  tema  di  rispetto dell’ambiente, dei diritti sociali o di buon governo societario, ma il principale ostacolo alla diffusione degli investimenti Esg è il timore che l’esclusione delle aziende poco virtuose possa penalizzare la performance del portafoglio, preoccupazione espressa, ad esempio, da 220 dei 500 investitori istituzionali intervistati da Schroders per il suo Institutional Investor Study 2017. Ci sono diversi studi ed evidenze che dimostrano, invece, che le aziende più
attente  ai  temi  della  sostenibilità realizzano  performance  di  borsa migliori  e  un’ulteriore  conferma viene ora da una ricerca sviluppata congiuntamente  dalla  School  of Management del Politecnico di Milano e da Banor Sim che ha il pregio, rispetto a precedenti studi, di analizzare la correlazione tra il rating Esg e la performance di azioni più  vicine  agli  investitori  italiani,
oggetto di indagine sono, infatti, i titoli che compongono l’indice Stoxx Europe 600. La ricerca è coordinata  con  uno  studio  analogo  sul mercato  Usa  dall’Harvard  Business School.
 

L’analisi dimostra che, nel periodo che va dal 2012 al 2017, i titoli con il rating Esg più elevato hanno realizzato una performance cumulata dell’86,1% contro il 70,9% dei titoli con il rating più basso. «Dagli studi condotti emerge una correlazione tra migliore performance e aderenza  ai  principi  Esg;  oggi  in Usa  questa  correlazione  è  anche spinta dai flussi. In futuro, sarà difficile stabilire quanto incideranno le politiche di sostenibilità e i flussi di investimento  ad  esse  legati  sulle performance  di  un’azienda»,  ha spiegato  Massimiliano  Cagliero, fondatore e amministratore delegato di  Banor  Sim,  nell’illustrare le conclusioni dell’indagine. «Di fatto e importante riconoscere che una correlazione ci sia e che questo inneschi un circolo virtuoso nell’economia  reale,  con  la  conseguente spinta sulle aziende quotate ad adeguarsi per attirare investitori».
 

Attribuire un voto, un rating al modo in cui un’azienda affronta le problematiche relative  al rispetto
dell’ambiente,  i  diritti  sociali  o  il buon governo aziendale non è un compito facile, anche se dallo scorso gennaio, un regolamento della Consob, adottato in attuazione di una direttiva europea, impone alle società quotate e alle banche e assicurazioni di grandi dimensioni di integrare i propri rendiconti finanziari con una dichiarazione sui temi di carattere non finanziario, come  gli aspetti  ambientali,  sociali, quelli attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva. Per calcolare il rating di sostenibilità di ciascun titolo, i ricercatori
di Banor  e Politecnico  di Milano hanno preso in considerazione 424 indicatori, raggruppati in 10 categorie; il peso attribuito a ciascun indicatore cambia da industria a industria, seguendo un procedimento già utilizzato da alcuni ricercatori nel 2016 per il mercato Usa, per tenere conto delle specificità di ogni area di business. Dopotutto, come si sottolinea nel rapporto, fattori come la sicurezza dei dati e la privacy dei clienti sono molto più importanti nei settori dell’informatica e
delle  telecomunicazioni  piuttosto che  nell’industria  manifatturiera, dove, invece, gli aspetti legati all’inquinamento e all’impatto sull’ambiente  contano  decisamente  più che nel mondo dei servizi e della finanza. Una peculiarità che emerge dalla ricerca è che il mercato sembra premiare in particolare le imprese che perseguono buone pratiche  nei  tre  elementi  -  environment, social e governance – nel loro complesso, piuttosto che in uno dei singoli aspetti: se si valuta la performance dei titoli classificati in base al rating di un singolo elemento, infatti, si nota che i risultati migliori
sono ottenuti dai titoli con rating medio e non da quelli con rating più elevato. L’indagine ha poi approfondito l’analisi dei fattori che determinano  la  performance  di borsa complessiva, analisi eseguita solo per i titoli industriali che compongono l’indice, escludendo quindi banche, assicurazioni e società finanziarie. A contribuire principalmente alle performance è stato un
generalizzato aumento dei multipli di valutazione, il rapporto prezzo / utili, ma dall’analisi è emerso
anche che le imprese che presentano il rating Esg più elevato sono anche quelle che si sono dimostrate più efficienti nell’aumentare il proprio fatturato, nel migliorare la redditività (sono le uniche con un valore mediano positivo) e anche il dividend yield, il rapporto tra dividendi erogati e prezzo di borsa. Questa evidenza,  come  si  sottolinea  nel rapporto, «è coerente con l’ipotesi
che l’adozione delle migliori pratiche Esg sia la fonte di un vantaggio competitivo  di  lungo  termine». 


L’ultimo aspetto analizzato è quello che riguarda il legame fra rating Esg e valutazione di mercato, sintetizzata  dal  rapporto  prezzo/utili.
Anche in questo caso, la conclusione è che includere una valutazione dei rating Esg nel processo di selezione di titoli consente di migliorare i risultati. «Integrare criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di attenzione verso tutti gli stakeholder  con  i  modelli  tradizionali  di analisi finanziaria value-based può dare vantaggi ai gestori e agli investitori»,  ha  dichiarato  Giancarlo Giudici  della  School  of  Management  del  Politecnico  di  Milano.
«Sono  sempre  di  più  le  imprese che  investono  nelle  buone  pratiche Esg, nella convinzione che questo possa rappresentare un vantaggio competitivo di medio-lungo termine».


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