martedì 6 marzo 2018

Addetti demotivati e malati l’azienda paga un conto salato

(Fonte: "Affari&Finanza")

Quando i lavoratori non stanno bene, sono le aziende, più ancora dei sistemi sanitari, a pagare il prezzo maggiore. Secondo una recente indagine commissionata da Bruxelles (...) infatti, solo le forme di depressione correlate all’attività lavorativa in Europa pesano sulle imprese per 272 miliardi di
euro all’anno, e cui si aggiungono perdite per altri 242 miliardi per l’intero sistema economico.
Le casse pubbliche, tra servizi di welfare e prestazioni sanitarie, spendono “solo” 102 miliardi di
euro. Altri studi mostrano come chi lavora sotto pressione sia anche più soggetto a rimanere vittima di incidenti: la proporzione è di cinque a uno rispetto a lavoratori che operano in condizioni meno stressanti. Dare poca importanza ai temi della salute dei lavoratori in generale, oltre ad aumentare il rischio di infortuni, comporta, tra le altre cose, anche una serie di conseguenze negative per la loro salute mentale (...). Situazione che si traduce direttamente in perdite economiche, in termini di deterioramento della produttività, livelli più elevati di assenteismo e turnover dei dipendenti. È chiaro: alle aziende conviene economicamente occuparsi della salute delle risorse umane.
Solo a fronte del fatto che il datore di lavoro crei delle precondizioni affinché i lavoratori stiano
il meglio possibile, è possibile creare delle precondizioni affinché l’organizzazione stia il meglio possibile (...).
Non si tratta solo di un ambiente salubre, ma anche di una struttura di relazioni in cui il lavoratore possa inserirsi e operare in maniera serena ed efficiente.
Un’indagine della fondazione Istud pubblicata nel 2015 mette infatti in luce come a influire sul
sentirsi bene e gratificati nel luogo di lavoro siano soprattutto la comunicazione con i colleghi e il
grado di socializzazione. Parallelamente, la ricerca ha rilevato come a incidere in negativo siano
per i dipendenti la comunicazione con i superiori (non adeguata per il 55% del campione), l’attenzione alle richieste dei collaboratori da parte dei responsabili (insufficiente anche qui per il 55%) e ancora di più la commisurazione dei compensi ai meriti (deficitaria per l’80% dei rispondenti).
Così come gli impatti negativi, anche i benefici sono diretti: sempre l’indagine (...), per esempio, ha evidenziato che per ogni euro speso in programmi di miglioramento della salute mentale sui luoghi di lavoro, i benefici economici vanno da 0,80 euro ad addirittura 13,6 euro. In pratica, in un anno si può arrivare a 135 miliardi di euro grazie alla riduzione dei costi e al recupero di produttività e utili. Avere un approccio proattivo nella promozione della salute genera profitto.
Le iniziative che influiscono positivamente sono tante, e vanno da prestazioni per la salute fisica e mentale del dipendente, come iniziative per aiutare i lavoratori a smettere di fumare e a mantenersi in forma, fino ad agevolazioni per facilitare la conciliazione tra vita privata e lavoro. E ancora, a far sentire bene il lavoratore sono anche servizi che evitano situazioni di stress, come il parcheggio aziendale o gli spazi flessibili in ufficio. Ben venga qualunque iniziativa. L’importante, perché dia gli effetti sperati anche a livello economico, è che sia accompagnata da un sistema di gestione coerente, in cui il benessere organizzativo viene integrato nella strategia aziendale (...). Su questo fronte, nel nostro Paese il quadro varia molto in base alle dimensioni e alla struttura dell’impresa. Il lavoro cominciato all’estero 20 anni fa è stato poi portato dalle multinazionali anche in Italia, con risultati positivi. Nelle imprese più piccole, invece, si continua a scontare la mancanza di consapevolezza e
competenze. In molti casi nelle Pmi ancora oggi ci si occupa di questi aspetti perché lo prevede la legge. Non mancano però aziende dove chi è al vertice è sensibile al tema e riesce a costruire una struttura di relazioni efficace a livello economico.


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