venerdì 4 agosto 2017

Quantità o qualità delle ore lavorate?

(Fonte: "Business People")

Kazuhiro Tsuga, manager di razza e presidente della giapponese Panasonic, è uno che di solito non va tanto per il sottile. Lo sa bene chi lavora con lui da cinque anni, ovvero da quando Tsuga ha assunto l'attuale carica e ha messo in atto una cura lacrime e sangue per risanare la multinazionale, riducendo del 10% il personale, tagliando gli stipendi dei top manager e disboscando una fitta selva di filiali estere del gruppo, ben 560 in tutto il mondo.
Pochi mesi fa, tuttavia, ha pronunciato alcune frasi che sono apparse quasi rivoluzionarie: "Lavorate meno per essere più produttivi", rivolgendosi ai propri dipendenti e invitandoli a non trattenersi in ufficio dopo le 8 di sera. Dichiarazioni che, ovviamente, non sono passate inosservate in un Paese come il Giappone, dove la popolazione è tradizionalmente stacanovista e dove si registra la più alta percentuale al mondo di impiegati che lavorano oltre 49 ore a settimana.

Le parole di Tsuga, per quanto possano apparire sconvolgenti perché pronunciate da un capo-azienda, sono in realtà di buon senso anche per un manager. Per rendersene conto, basta guardare alle classifiche sulla produttività delle maggiori nazioni industrializzate e confrontarle con quelle sulle ore lavorate diffuse ogni anno dall'Ocse.
I Paesi dove si lavora meno, infatti, sono spesso quelli dove si registra una maggiore produttività. In Germania e nel Nord Europa, per esempio, la media ore lavorate varia tra le 26 e le 30 settimanali, contro le 33 dell'Italia: un'ora di lavoro tricolore produce in media un pil pari a circa 47 dollari ontro gli oltre 60 della Germania.


Continueremo il discorso la prossima settimana perché, più del concetto in sé che abbiamo esaminato insieme più volte su queste pagine, ho trovato innovativa l'idea che l'invito a lavorare meno fosse esteso anche al personale più produttivo perché non è affatto scontato.

Lo vedremo insieme lunedì.


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