mercoledì 9 agosto 2017

Si lavora per niente


(Fonte: "Il Fatto Quotidiano")

Ormai non ci facciamo più caso, prenotare le nostre vacanze dal pc è una consuetudine, fare il check-in online una routine, pagare con l’home banking una necessità. Un tempo tutti questi
lavori erano retribuiti, oggi siamo noi a farli gratuitamente. 


Craig Lambert, dopo una serie di articoli pubblicati su Harvard Magazine, ha scritto  Il lavoro ombra (Baldini & Castoldi), un saggio illuminante per aiutarci a capire le sfumature oscure di questo processo in atto, inesorabile. L’autore definisce queste attività  “lavoro ombra” o, senza troppi giri di parole, “la schiavitù della classe media” e individua la loro nascita nell’invasione della robotica nei nostri spazi quotidiani.
Secondo Lambert  tutto ha avuto inizio negli Anni Cinquanta negli Stati Uniti, complice un imprenditore di nome Bill Handerson e la sua azienda di distribuzione di benzina, un  “cane sciolto”
perennemente in guerra con i colossi petroliferi Texaco, Shell ed Esso. L’innovatore Handerson studiava nuove strategie per ridurre il prezzo del carburante, eliminando ogni intermediario per acquistare direttamente dalle raffinerie. Il colpaccio fu il progetto, poi realizzato, di un sistema in
grado di trasmettere dalla pompa i dati sul prezzo della benzina e sul numero di galloni erogati e inviarli  – in seguito  – alla postazione di un impiegato. Attraverso un tubo pneumatico, l’addetto
poteva prelevare il denaro dal cliente e restituire il resto: è stato il primo distributore self-service della storia.
In breve la parabola è questa: noi facciamo benzina da soli e un paio di addetti perdono il lavoro, questa  – in sintesi – è la tara.


Nel 2012 le Poste portoghesi hanno ristrutturato un ufficio fornendolo esclusivamente di sportelli elettronici; prima del restyling per tutti i servizi c’era un impiegato. I McDrive di McDonald’s hanno inserito i touchscreen per le ordinazioni, riducendo del 25% il personale necessario al funzionamento dei ristoranti.


Ma l’autore non vuole addentrarsi in questo delicatissimo punto, il libro non è una critica al progresso e non ci sono lezioni moralistiche. I riflettori sono puntati su di noi, i “consumatori” o gli “utenti”, per accendere la consapevolezza che esiste ancora un confine tra lo svago e il lavoro, tra oziare e lavorare senza accorgersene.
Oggi riteniamo – a torto o a ragione  – normale e inevitabile passare una decina di minuti al telefono a digitare asterischi e altri tasti per avere una risposta da un operatore in carne e ossa, ma non è stato sempre così. È normale rimettere a posto il carrello della spesa in un parcheggio fuori da un supermercato oppure l’azienda ha scaricato su di noi l’incombenza a costo zero? La
consolazione è che in fondo a fare un simile gesto ci sentiamo educati.
Lambert si sofferma soprattutto sulla meccanicità di certi comportamenti, quelli che ci fanno sentire in una strada senza uscita ogni qualvolta ci ritroviamo a tu per tu con una macchina (senz’anima).


All’aeroporto di Amsterdam la giornalista Freke Vuijst si è resa conto che a differenza dello sportello elettronico, l’impiegata in carne e ossa non le ha fatto pagare il sovrapprezzo sul bagaglio.  “Ha usato la sua discrezione, una capacità tutta umana”, sottolinea la giornalista.
Questa discrezione sta lentamente scomparendo attraverso l’abolizione di quella che l’autore chiama
“la scomparsa del personale di supporto”. Fateci caso, quando andate in un grande magazzino di elettronica di consumo per acquistare una televisione o una lavatrice, faticate non poco a trovare
un commesso libero per richiedere informazioni o un consiglio.


“La tecnologia digitale non serve a molto quando si devono risolvere problemi analogici, ossia percepire le similitudini”, scrive Craig, eppure i segnali percepiti sono quelli di un aumento nel prossimo futuro dell’e-commerce, eliminando così ogni rapporto umano, sostituito da un clic.
Del resto gli smartphone bastano da soli a svolgere buona parte del lavoro di
un’assistente di direzione ma il software che crediamo di possedere in realtà è condiviso con lo sviluppatore: ogni aggiornamento è  “lavoro ombra” (pensiamo solo agli upgrade delle app
dell’iPhone).
Quando Facebook mette sul mercato i nostri dati (per non parlare dei contenuti, tutti gratuiti) il nostro apparente  “svago” assume i contorni di  “lavoro ombra”. Ci carichiamo sulle spalle una
mole di piccole mansioni invisibili facendo evaporare il nostro tempo libero.
Il principale imputato  – nel libro – sono le multinazionali, sempre più propense ad accelerare lo  “scarico” sugli utenti del cosiddetto “lavoro ombra ”, creando piattaforme nelle quali siamo noi i protagonisti ma senza compensi.


Un caso  a parte è l’Ikea, l’azienda svedese con la quale ci siamo confrontati praticamente tutti: al termine del libro potrebbe nascere il primo dubbio del lettore. In fondo ci piace l’idea di avere
un mobile a buon prezzo e siamo disposti per questo a portarcelo a domicilio e a perdere delle ore per inserire i bulloni nel legno. C’è anche una perversione umana nel voler metterci alla prova e, forse, persino un pizzico di divertimento.
Un altro dubbio riguarda le casse automatiche dei supermercati: mi sono accorto di comprare un’orata senza che venisse detratto lo sconto del 50% indicato nella confezione. Ho dovuto
chiamare l’assistenza (umana) ed è stato inserito. Una goccia nell’oceano, ma un segnale preciso che nelle macchine è ancora presto per la formazione di una coscienza.


Cosa ne pensate?



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