venerdì 16 maggio 2014

Il problema del tempo (3)

Terza parte dell'articolo dedicato alla gestione del tempo che la rivista "Mente & cervello" considera un argomento talmente importante da avergli dedicato la copertina del mese.

La quantità dei compiti da svolgere in una giornata è aumentata a tal punto che le persone devono "fare più cose in meno tempo" e i guadagni di tempo legati alle innovazioni tecnologiche che permettevano di compiere più rapidamente certi compiti vengono annulalti. L'invio di e-mail è infinitamente più rapido dell'invio di corrispondenza per posta, cosa che dovrebbe liberare del tempo. Ma il fatto di ricevere e trasmettere per posta elettronica un flusso di informazioni maggiore di quello della corrispondenza che si scambiava in passato sfocia in un crescente senso di soffocamento.

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Sulla scia di ciò che si verifica sul piano economico si è ormai formato un nuovo tipo di rapporto con gli altri, fatto di relazioni mediate dalla tecnologia, rapide, flessibili, effimere, più vicine alla sensazione che al sentimento, che sono l'espressione dell'orizzonte a brevissimo termine, ma anche della fluidità dei sistemi economici contemporanei, che impongono l'immediatezza delle relazioni, tenendo in scacco il nostro tempo.

Il sociologo statunitense Richard Sennett ha sottolineato l'impossibilità di vivere valori a lungo termine - fedeltà, impegno, lealtà - in una società che si interessa solo all'immediatao e nella quale le esigenze di flessibilità generalizzata impediscono di intrattenere rapporti sociali durevoli e di provare un sentimento di continuità di sé.

Descrivendo la cultura del nuovo capitalsimo "flessibile", Sennett mostra come l'impresa, diventata un'"istituzione a grande velocità", privilegi una cultura della reattività estrema e dell'adattabilità permamente, a danno della competenza accumulata nel tempo, della cultura del mestiere e della lealtà professionale, che non sono più valori in un mondo in cui le tecniche si evolvono senza sosta e in cui si devono creare continuamente nuovi bisogni.

Queste nuove esigenze non rimangono però prive di conseguenze. Da un lato, secondo Sennett, "le qualità richieste sono una fonte di angoscia e producono deficit sociali in termini di lealtà e di fiducia informale; erodono il valore dell'esperienza accumulata". D'altro canto "l'angoscia del tempo spinge le persone a sfiorare le cose, più che ad attardarsi su di esse". Di qui deriva per molti il sentimento di essere costretti a fare un lavoro mediocre e di non poter coltivare i propri talenti.

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A lunedì!

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