giovedì 8 settembre 2011

Siete buoni Problem solver?

Qualche tempo fa Quality Progress, la rivista edita da ASQ, si chiese quale percorso dovesse compiere un professionista che desiderasse essere un bravo Problem solver.

L'argomento è estremamente interessante perché tutti noi, per come è inteso il nostro lavoro, ci troviamo quotidianamente a risolvere molti problemi.

I tradizionali strumenti utilizzati nel processo di Problem solving (diagramma a lisca di pesce e 5 perché) funzionano solo in certi casi perché hanno il limite di essere soggettivi e progettati sulle persone piuttosto che oggettivi e progettati su principi certi.

Un approccio più oggettivo fornisce maggiori dettagli e porta, di conseguenza, a soluzioni più informate e performanti.
Per "oggettività" si intendono regole che si ripresentino identiche ogni volta, indipendentemente da chi osserva il fenomeno. Criteri soggettivi, al contrario, sono soggetti alle singole interpretazioni e alle prospettive individuali.

Approcci tradizionali al Problem solving


Le strategie tradizionali per risolvere i problemi, quelle che sono state utilizzate fin dalla nascita dell'uomo, si basano sostanzialmente sulla semplice osservazione.
Se, ad esempio, vedo del fumo, posso dare quasi per certo che da qualche parte ci sia un fuoco acceso.
Il principio di base dell'osservazione dei fenomeni, naturalmente, è validissimo ancora oggi ma non viene in nostro soccorso nell'elaborazione di strategie.

Il pensiero lineare, ad esempio, ovvero chiedere di continuo "perché", "perché", "perché" potrebbe non bastare per risolvere un problema.
Come ci insegnò Tommado d'Aquino "il rame non diventa statua solo grazie al fatto di esistere", intendendo che si devono verificare due condizioni perché si origini una statua: la presenza del rame e la volontà di uno scultore di realizzare l'opera (ogni effetto ha almeno due cause).

Anche categorizzare le cause, processo comune nell'approccio tradizionalista alla risoluzione dei problemi, non ci aiuta ad identificare le azioni e le condizioni legate ad ogni effetto ma si limita a porre le cause in contenitori differenti.
Schemi basati sulle categorie come il diagramma a lisca di pesce o l'albero dei rischi presuppongono una gerarchia di fattori causali basati sulla realtà di una persona o, nel migliore dei casi, di un gruppo di persone.

L'obiettivo di queste metodologie è trovare la causa che ha originato il problema e il processo funziona benissimo se si riscontra che il problema comprende una delle cause elencate nelle nostre liste precostituite.
Il problema, però, è dato dal fatto che il dualismo e la categorizzazione sono semplici costrutti della nostra mente che ignorano la ben più complessa realtà formata da moltisime relazioni che si intrecciano tra loro in maniera indissolubile.

Lo storytelling, l'arte di raccontare storie, ha costituito fin dalla notte dei tempi la nostra forma di comunicazione primaria, basata sulle persone ("chi"), sui posti ("dove") e sulle cose ("cosa"), il tutto ordinato secondo uno sviluppo temporale ("quando").
Le storie iniziano nel passato e si muovono linearmente fino al presente con relazioni causa-effetto. Si parte da una situazione negativa (nel presente) e si procede a ritroso nel tempo fino ad arrivare alla causa che l'ha scatenata.
Anche lo storytelling, però, ha grossi limiti perché si concentra per lo più sulle azioni umane ignorando le altre cause. Se, però, le cause non legate all'intervento umano possono non essere così coinvolgenti ai fini della storia, non dobbiamo dimenticare che - spesso - costituiscono il materiale per le soluzioni più efficaci ai problemi in quanto non sono legate alla soggettività umana.

La costruzione di una singola realtà, spesso chiamata "verità" o "buon senso" è una strategia umana tanto comune quanto pericolosa. David Hume, nel diciottesimo secolo, ci spiegò che ragionare per cause-effetti ha il limite di basarsi su costruzioni mentali del singolo osservatore. Riunire una serie di persone che lavorino su un solo problema può servire ad ampliare questa realtà, costruita aggregando le singole realtà di ognuno.

A domani per la conslusione della nostra lunga riflessione.

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