martedì 7 luglio 2015

L’idea nasce, ma non cresce

(Fonte: "Corriere Economia")

L’Italia non è un Paese per geni imprenditoriali: non perché i talenti manchino, ma perché spesso non vengono trainati.
Mancano infatti le startup adulte (in gergo: scaleup), cioè le promesse del mercato pronte a fare il
salto a impresa vera.


Lo rivela il rapporto Sep Monitorrealizzato dalla Startup Europe Partnership.



(...)

In tutto, i Paesi analizzati (Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna e Italia) hanno totalizzato
990 scaleup per 23 miliardi di investimenti.
L’Italia non solo ha il minor numero di imprese di questo tipo (72), ma anche gli investimenti più bassi (480 milioni di dollari tra venture capitalist e Ipo). All’opposto c’è la Gran Bretagna, prima della classifica, che è riuscita a far maturare 399 startup con investimenti pari a 11,1 miliardi.
Il numero delle startup adulte britanniche è sei volte il nostro, mentre il volume degli investimenti
è 28 volte quello registrato in Italia. 


Anche il dato relativo all’investimento medio per impresa aggiudica, di nuovo, la maglia nera
all’Italia. Ogni scaleup nostrana è riuscita ad ottenere 5,6 milioni contro i 31,7 delle tedesche, i
27,8 delle inglesi, i 17 delle spagnole e i 15,1 delle francesi. Il 90% delle aziende tricolori esaminate, infatti, è riuscito a ottenere finanziamenticompresi tra uno e dieci milioni di dollari.
 

Visti gli investimenti bassi, non sorprende che il nostro Paese non sia riuscito a produrre nemmeno
una scaler, cioè una startup capace di arrivare a superare il traguardo dei 100 milioni di dollari di
investimento. Nei cinque Paesi esaminati ce ne sono in tutto 37: 19 in Gran Bretagna, nove in Germania, sei in Francia e tre in Spagna. E zero, appunto, in Italia.



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Come analizza il rapporto Sep, le startup adulte italiane sono per la maggior parte di piccole dimensioni.
Il nostro Paese si piazza ultimo in classifica anche se si esamina il numero di fusioni e acquisizioni.
In Spagna ne sono state registrate 37, in Francia 75, in Gran Bretagna 85 e in Germania 125. In
Italia, invece, si arriva soltanto a 28. Il 32% di queste è finita nell’orbita di altre aziende italiane, il
25% di società europee e un altro 25% di aziende americane.
Queste ultime, sottolinea lo studio, hanno avuto uno sviluppo più rapido: trasferire la proprietà Oltreoceano pare essere per ora la migliore soluzione per aiutare le società innovative nostrane ad affermarsi sul mercato. 


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In una categoria, però, l’Italia non finisce in fondo: quella delle Ipo, i debutti in Borsa. Ben due
startup adulte nostrane sono riuscite infatti a quotarsi, entrambe l’anno scorso. 


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La Gran Bretagna ha totalizzato 12 quotazioni e la Francia sette, ma in tre anni. La Spagna ne ha
avute solo due, entrambe l’anno scorso come le nostre. Mentre in Germania, a dispetto dei grossi numeri complessivi, se ne è quotata una sola.


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